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Un oceano di dati per un pianeta in salute
| Maddalena Vario | Caffè scientifico
Monitoraggio dei mari e dati di qualità per prendere decisioni informate sul nostro futuro
I mari sono un’importante cartina di tornasole dello stato di salute del pianeta e conoscerli vuol dire sapere dove stiamo andando e quali azioni correttive possiamo intraprendere. Per sapere di più sulle nostre acque c’è bisogno di guardarle da vicino, raccogliere dati, rielaborarli per renderli comparabili e analizzabili da chi poi prenderà le decisioni a livello politico. In Italia, l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (OGS) si occupa proprio di questo, gestendo il data centre oceanografico nazionale (NODC). Nel NODC sono attualmente conservati più di 300 mila punti con rilievi di variabili fisiche e biochimiche, dalla superficie fino al fondo del mare, ai quali la comunità scientifica ha libero accesso attraverso una semplice interfaccia web. Il sistema di informazione OGS/NODC è poi integrato a tutti gli effetti nella rete europea di database distribuiti SeaDataNet. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Alessandra Giorgetti, vicedirettore della Sezione Oceanografia di OGS e delegato nazionale per la gestione dei dati oceanografici nell’ambito del programma IODE della Commissione IOC dell’UNESCO.
Dottoressa Giorgetti, che vuol dire gestire un data centre nazionale come il NODC?
La raccolta dati in mare è costosa, l’infrastruttura europea ci permette di condividerli, rimuovendo le barriere nel loro riuso
Gestire un data centre nazionale vuol dire innanzitutto raccogliere i dati perché è da lì che parte tutto. Collezioniamo giornalmente dati che provengono sia dai sistemi di misura fissi, che dalle piattaforme mobili. Per Monitoraggio dei mari e dati di qualità per prendere decisioni informate sul nostro futuroquanto riguarda i sistemi di natura fissa, che acquisiscono i dati di continuo e li inviano quasi in real time, ci avvaliamo di una rete di monitoraggio meteo-marino nel Golfo di Trieste, di un sito di ricerche ecologiche a lungo termine ai limiti dell’Area Marina Protetta di Miramare (dove i nostri ricercatori raccolgono manualmente i dati con l’utilizzo di sonde e prelevando campioni d’acqua) e di un osservatorio nel Sud Adriatico, che gestiamo per conto della Protezione Civile in Friuli Venezia Giulia. Nella raccolta proveniente da piattaforme mobili, facciamo uso invece di gliders, che sono dei robot sottomarini sviluppati allo scopo di poter monitorare vaste aree marine su tempi lunghi, di sistemi galleggianti, che misurano la qualità dell’acqua, ed infine di drifters superficiali, ovvero dispositivi galleggianti che inviano dati ai server mentre sono trasportati dalla corrente. Inoltre OGS interagisce con la Regione Friuli Venezia Giulia e controlla reti di monitoraggio, al largo e lungo la costa, grazie alla nave Laura Bassi che, anche in emergenza Covid-19, ha continuato ad essere operativa.
L’Istituto
L’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale è un ente pubblico nazionale di ricerca scientifica che svolge, pubblica, coordina e promuove studi multidisciplinari nel campo delle scienze della Terra, del Mare e delle aree Polari. È anche noto come OGS, visto che ha mantenuto l’acronimo di Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste, denominazione in vigore fino al 1999, anno di trasformazione in ente pubblico nazionale.
Sembra che per raccogliere dati, ci sia ancora bisogno di “bagnarsi le mani”…
Esattamente: per alcune tipologie è necessario l’intervento dell’uomo, che va a raccogliere i campioni calando in mare delle bottiglie da analizzare in laboratorio e censisce la quantità e la composizione delle microplastiche o dei grossi rifiuti ritrovati sulle spiagge.
Come i dati diventano disponibili alla comunità scientifica?
In base alla policy di accesso fissata da chi produce il dato. Generalmente, quando si tratta di dati in real time, il fornitore ne dà libero accesso trattandosi di dati prevalentemente grezzi, mentre se vengono analizzati in laboratorio, la policy diventa più restrittiva. In ogni caso l’infrastruttura mette a disposizione i metadati di tutto ciò che viene acquisito.
NODC è integrato nella rete europea di database distribuiti SeaDataNet. Che vuol dire essere parte di un’infrastruttura europea distribuita?
La raccolta di dati in mare è un’attività costosa, richiede tempo, oltre che una strumentazione e del personale specializzato. L’infrastruttura europea ci permette di condividerli, rimuovendo le barriere nel loro riuso. In particolare, ci consente di poter ricercare ed avere accesso centralizzato ad enormi quantità di dati, di poter usare procedure standard per il controllo della loro qualità e di godere della loro interoperabilità per mezzo di vocabolari comuni e standard legati ai dati e ai metadati. Possiamo quindi riutilizzare i dataset, conservarli nel lungo periodo e renderli disponibili per un vasto pubblico.
Nello specifico, SeaDataNet rende disponibili online più di 2 milioni di dati, di qualità controllata e in formati comuni, grazie all’utilizzo di vocabolari standardizzati, che ci danno informazioni preziose sui mari europei (Mar Mediterraneo, parte dell’Atlantico, Mare del Nord, Mar Baltico fino all’Artico, Mar Nero). Il portale europeo rappresenta un unico punto di accesso, dal quale la richiesta viene ridistribuita ai vari nodi che forniscono i dati relativi al loro paese. Inoltre, SeaDataNet fornisce informazioni utili per sapere quali organizzazioni operano in Europa in campo ambientale e marino, cosa fanno nello specifico e dove lo fanno.
La sensibilità all’inquinamento marino è cresciuta molto negli ultimi anni. In che modo l’infrastruttura europea EMODNet Chemistry, di cui siete coordinatori, contribuisce all’attuazione della direttiva quadro sulla strategia marina contro l’inquinamento?
EMODnet Chemistry utilizza l’infrastruttura SeaDataNet e la arricchisce con un portale web dedicato alle informazioni sulla qualità delle acque, sulle sue caratteristiche di nutrienti e ossigeno e inquinanti come idrocarburi, pesticidi o rifiuti marini. Oltre a dare accesso ai dati, forniamo servizi per la loro visualizzazione, che sviluppiamo insieme ad altri partner europei e con la collaborazione del CINECA. Alla base dei servizi che offriamo c’è un lavoro di rielaborazione e di semplificazione dei dati in modo da renderli confrontabili tra di loro e quindi di più facile interpretazione, visto che la comparazione dei dati acquisiti dai diversi paesi europei è essenziale per avere una percezione più intuitiva di un valore, come può essere ad esempio la quantità di mercurio che è stata rilevata nel mare.
L’Ente gestisce grandi infrastrutture di ricerca materiali (le navi da ricerca Laura Bassi e OGS Explora, l’aeromobile per il telerilevamento, i sistemi di acquisizione dati marini, geofisici e in ambiente terrestre) ed immateriali (banche dati) a livello nazionale ed internazionale.
Dal 2017 EMODnet Chemistry ha esteso le attività includendo l’indicatore di rifiuti marini raccolti sulle spiagge, nel pescato o in seguito a indagini specifiche. Il monitoraggio include sia macro-oggetti, come reti e bottiglie, che frammenti e microparticelle nella colonna d’acqua, nei sedimenti e nelle spiagge. L’introduzione di questo indicatore è di estrema importanza, in quanto i rifiuti marini possono avere un impatto di tipo ecologico, con effetti anche letali su piante e animali, di tipo economico, in termini di riduzione del turismo, danni meccanici alle imbarcazioni e alle attrezzatura da pesca, riduzione del pescato e costi di bonifica, e infine di tipo sociale, per la riduzione del valore estetico e dell’uso pubblico dell’ambiente. Considerato il crescente interesse da parte dell’opinione pubblica e degli organi governativi sul tema del rispetto dei mari, ci sono delle specifiche applicazioni che i cittadini stessi possono utilizzare per il monitoraggio dei rifiuti nei mari o nei fiumi, come ad esempio quella sviluppata dall’Agenzia europea dell’ambiente (EEA), che si chiama Marine LitterWatch e che consente agli utenti di registrare i rifiuti marini reperiti sulle spiagge. Le informazioni confluiscono poi in EMODnet Chemistry e possono essere comunicate ai decisori. Dall’estate 2019 tutti i dati disponibili sul portale sono stati replicati sul cloud per migliorare l’efficienza generale dell’infrastruttura.
Curiosità storiche
Le origini dell’OGS risalgono alla seconda metà del XVIII
secolo, quando l’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo chiese ai
gesuiti di fondare una Scuola di astronomia e di navigazione,
per soddisfare le esigenze di traffico e di sviluppo del porto di
Trieste dopo la dichiarazione di porto franco del 1719 da parte
dell’Imperatore Carlo VI.
Da allora diventò Accademia imperiale di commercio e nautica
(1817), poi osservatorio meteorologico (1841) e osservatorio
marittimo (1903) e Istituto geofisico di Trieste (1921).
Nel 1941 divenne Istituto talassografico di Trieste e fu dotato,
nel 1949, della stazione sismica di Trieste. Fu poi osservatorio
geofisico di Trieste nel 1949 e osservatorio geofisico
sperimentale dal 1958 fino al 1999, anno in cui ha acquisito
l’assetto di ente pubblico con il nome di Istituto nazionale di
oceanografia e di geofisica sperimentale.
Per quanto riguarda l’archiviazione, l’accesso e la condivisione dei prodotti a tutta l’infrastruttura europea, ci avvaliamo dei servizi cloud del CINECA, mentre per la parte di rete siamo collegati alla rete metropolitana Lightnet, e da lì alla rete GARR a livello nazionale e alla rete GÉANT a livello europeo, che ci garantiscono elevati standard di connettività e di affidabilità, per poter svolgere le nostre attività di raccolta e distribuzione dati con la massima efficacia e sicurezza.
Chi sono gli utilizzatori dei vostri dati?
Collaboriamo sempre di più con l’EEA, che ha il compito di fornire informazioni attendibili e indipendenti sull’ambiente. In seguito alla Direttiva UE strategia marina, che pone come obiettivo agli Stati membri di raggiungere entro il 2020 il buono stato ambientale (GES, “Good Environmental Status”) per le proprie acque marine, l’Europa ha fissato dei piani di monitoraggio per tutti i Paesi e i valori di alcuni parametri che i Paesi dovrebbero raggiungere. Noi raccogliamo i dati in sinergia con l’agenzia danese ICES (che è il riferimento per i mari del nord), e forniamo i dati integrati all’Agenzia europea dell’ambiente che li analizza e fa le sue valutazioni politiche.
Alessandra Giorgetti, vicedirettore della Sezione Oceanografia di OGS, è delegata nazionale per la gestione dei dati oceanografici nell’ambito del programma IODE della Commissione IOC dell’UNESCO
Collaboriamo anche con il Joint Research Centre della Commissione europea, che ha sede a Ispra in Lombardia, per fornire supporto nell’implementazione della direttiva EU con l’analisi dei dati dei rifiuti marini sulle spiagge. In particolare il JRC coordina gruppi di esperti dedicati ai diversi descrittori della direttiva EU a cui partecipano tutti gli Stati Membri tramite i loro rappresentanti. Si tratta di gruppi che hanno un taglio più politico e si occupano di definire i piani di monitoraggio, oltre che parametri e tecniche per fare monitoraggi condivisi e confrontabili per poter poi valutare i risultati. Infine lavoriamo con i servizi di monitoraggio ambientale marino di Copernicus, il programma dell’Agenzia Spaziale Europea e dell’Unione europea, che integra i dati in sito per fare ricostruzioni modellistiche sullo stato attuale e futuro del clima.
Avete delle collaborazioni extraeuropee?
Siamo integrati con il World Data Service for Oceanography (WDS) americano e collaboriamo con progetti congiunti internazionali per condividere gli standard delle nomenclature, generare sinergie nello sviluppo di formati standard e nello scambio dei dati, che è poi il fine ultimo della nostra attività. Inoltre, in seguito all’Ocean Science Decadefor Sustainable Development, che è il programma UNESCO per conoscere e tutelare il futuro degli oceani, stiamo assistendo ad una progressiva integrazione dei nostri dati in un contesto internazionale.
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