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Il futuro? A ciascuno la sua rete
| Enzo Valente | Ieri, oggi, domani
Se penso a quando è nato Internet non posso fare a meno di provare orgoglio per il ruolo che hanno avuto le reti della ricerca e il nostro paese nel suo sviluppo.
Da allora i cambiamenti sono stati tanti e la diffusione di Internet tramite le reti commerciali ha stravolto il nostro modo di vivere. Reti della ricerca e reti commerciali viaggiano su due binari completamente diversi, a volte si incrociamo ma poi ritornano a viaggiare separatamente. Nonostante tutti questi cambiamenti, quando osservo lo sviluppo che i nuovi modelli di rete stanno avendo, mi sembra di vedere un ritorno alle origini. Ma andiamo per ordine.
GARR
Laureato in Fisica, è stato dirigente di ricerca presso l’INFN, dove ha ricoperto il ruolo di presidente della Commissione Calcolo e direttore del centro di supercalcolo dell’INFNCNAF di Bologna. Ha diretto il Progetto NICRoma che ha dato vita al consorzio CASPUR, ora confluito in CINECA. Nella seconda metà degli anni '80, è stato protagonista dell'armonizzazione delle reti della ricerca, ed è diventato il primo direttore del Consortium GARR dal 2003 al 2014. In questa veste ha contribuito allo sviluppo delle reti della ricerca europee e mondiali. Dal 2013 è rappresentante italiano nell’e-Infrastructure Reflection Group, organo di indirizzo per la definizione dei programmi europei nel campo delle e-Infrastructure per la ricerca. Da gennaio 2015 fa parte del Comitato Tecnico-Scientifico del GARR, con cui conitnua a collaborare nell’ambito del progetto europeo GÉANT 2020.
I primi protocolli di rete
Erano gli anni ‘70, Internet era da poco nato negli Stati Uniti, quando conobbi Lenzini, ricercatore del CNUCE (Istituto di Scienza e Tecnologie dell'Informazione) del CNR e oggi professore di informatica all'Università di Pisa, che si presentò all’Università Ca’ Foscari di Venezia con una pila di fogli in mano, per illustrarci un progetto ambizioso: quello di far parlare tra loro i calcolatori IBM del CNR per esigenze prevalentemente di tipo amministrativo. Non disponendo di software di rete fornito da IBM e in assenza di protocolli di rete, Lenzini aveva scritto del software che gli permetteva di far parlare tra loro calcolatori diversi e aveva posto le basi di quella che sarebbe diventata RPCnet (Remote Procedure Call network), la prima rete di computer Italiana che dal 1978 collegò una decina di centri di calcolo presso Università e Istituti del CNR dislocati tra Palermo e Milano. E proprio all’Istituto CNUCE del CNR sarebbe stato attivato, 8 anni dopo, nel 1986, il primo nodo Internet in Italia, che diventò il quarto paese europeo (dopo Norvegia, Regno Unito e Germania) a collegarsi. Prima di RPCnet l’uso dello strumento informatico del Remote Procedure Call era limitato allo scambio di applicazioni sullo stesso computer. Estendendolo allo scambio di applicazioni che giravano su computer connessi tra di loro dalla rete, Lenzini, da grande studioso della materia, aveva inventato i protocolli di rete. Le RPC permettevano infatti alle applicazioni (come per esempio il file transfer e l’electronic mail) di parlarsi a distanza tra di loro usando la rete fisica di collegamento e sono state alla base dei protocolli usati da Tim Berner Lee 13 anni dopo quando ha inventato il WEB, con l’unica differenza che Tim Berners Lee ha esteso l’uso di questi protocolli a calcolatori eterogenei, non solo di marca IBM, tutto qua.
Da INFNnet a GARR
Dopo la presentazione di Lenzini ho pensato: “Ma allora si può fare!”. Avevo capito che si potevano far parlare calcolatori lontani tra loro con un software e questa è stata l’intuizione che mi ha permesso di gettare le basi di INFNnet, per collegare i calcolatori sparsi negli INFN, che poi a livello mondiale negli anni ‘80 è divenuta HEPNET, la prima rete intercontinentale della ricerca, che univa i più prestigiosi laboratori di ricerca del mondo come CNAF, CERN, Lione, Fermilab, con collegamenti internazionali a 64 Kbps. L’Italia era al centro, qui succedevano le cose. Negli anni ‘70 non era immediato capire l’utilità e l’importanza di mettere in collegamento tra di loro i computer, abbiamo dovuto lottare contro l’oscurantismo dell’epoca perché erano in molti a pensare: “Ma se abbiamo i telefoni, a che ci serve comunicare con il computer?”. Dalla creazione di INFNnet passarono poi degli anni e fu solo nel febbraio del 1987 che il prof. Orio Carlini indisse una riunione con i principali protagonisti delle reti italiane proponendo di formare un Gruppo di Armonizzazione delle Reti della Ricerca, quello che oggi è la rete GARR, con lo scopo di integrare le diverse infrastrutture in un’unica rete nazionale. L’anno dopo il Ministro della Ricerca Scientifica e Tecnologica, prof. Antonio Ruberti, accelerò il processo di costruzione di un’unica rete nazionale mediante un finanziamento di 5 miliardi di lire, che servirono a costruire nel novembre 1991 una dorsale nazionale a 2Mbps, la più veloce del mondo all’epoca, a cui vennero collegate tutte le sedi delle università e degli enti di ricerca.
Le reti della ricerca: le esigenze degli utenti al centro
Da lì la crescita è stata continua e la rete ha fatto dei progressi impensabili per l’epoca. In tanti oggi si chiedono quale continuerà ad essere il ruolo delle reti della ricerca rispetto a quelle commerciali. A diversi anni di distanza le reti commerciali stanno facendo passi giganti a livello tecnologico e si registra una crescita esponenziale dei dati scambiati in rete in seguito all’aumento degli utenti connessi: questo farebbe pensare ad un assottigliamento delle differenze tra le due reti, ma ci sono alcuni elementi su cui è importante riflettere. Da una parte le reti commerciali, al contrario di quelle della ricerca, forniscono una connessione di tipo asimmetrico che impedisce la creazione di contenuti sul web da parte degli utenti. Applicazioni chiuse come Facebook lo permettono, ma a un prezzo: quello dei propri dati, di cui non si rimane proprietari. Gli utenti non possono giocare un ruolo attivo sulla rete e le scuole stesse, con questo tipo di connessione, non danno la possibilità ai ragazzi di essere ideatori dei contenuti, limitando di fatto la loro creatività e il loro spirito critico e costruttivo.
Inoltre nelle cloud commerciali non si può scegliere dove conservare i propri dati, mentre con il cloud della ricerca si possono conoscere esattamente la farm in cui sono allocati i propri dati e, grazie alle nuove configurazioni di rete su cui stiamo lavorando, l’utente potrà interagire con il destinatario finale da pc a pc non da server a server. E questo la rete commerciale non lo permetterà mai perché perderebbe il controllo. Ma c’è un’altra cosa molto importante che farà sì che queste due realtà siano sempre molto diverse: le reti della ricerca lavorano sulle esigenze di chi le usa, mentre le reti commerciali partono esattamente dal presupposto opposto, ovvero inducono il bisogno in base a ciò che hanno disponibile sul mercato.
Oggi l’intero mondo del networking sta cambiando perché l’attuale modello di rete è giunto ai suoi limiti di sviluppo e ci troviamo davanti a paradigmi del tutto nuovi. Se per raggiungere un destinatario, oggi ci si connette alla rete e poi i router cercano la strada migliore, l’idea su cui si sta lavorando è quella di creare come prima cosa la strada che porta dritto al destinatario.
Mi piace immaginare una rete che da piatta diventa tridimensionale, dotata di fili e connessioni indipendenti tra loro, che permetterà agli utenti di crearsi i propri percorsi senza più la necessità di passare per il fornitore.
Ritorno alle origini?
Stiamo tornando al concetto di connection oriented, che era la base del protocollo x.25 che negli anni ottanta e novanta fu superato dall’americano TCP/IP durante la guerra dei protocolli. Questo concetto di rete tridimensionale io lo espressi 5-6 anni fa ad alcuni operatori di telecomunicazioni che mi risposero: “Ma a che serve?”. Oggi quel cambiamento è arrivato, GARR ci sta lavorando e i più importanti operatori di telecomunicazioni a livello internazionale stanno collaborando con noi.
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