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20 anni di reti della ricerca: cosa cambia e cosa resta

20 anni di reti della ricerca: cosa cambia e cosa resta

| Antonio Cantore | ieri, oggi, domani
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La storia della rete unitaria dell’università e della ricerca comincia negli anni ‘70 con i primi esperimenti per far parlare tra loro i sistemi di tipo mainframe allora in dotazione a vari atenei ed enti di ricerca: perlopiù realizzazioni ad hoc, proprietarie o sperimentali, che simulano i protocolli degli altri, o studi più teorici, incentrati sull’idea di protocolli in grado di far comunicare macchine diverse.

Antonio Cantore A metà degli anni ‘80, su mandato del ministro della Ricerca, Orio Carlini invita CNR, INFN, ENEA, rete universitaria e consorzi interuniversitari, che fino ad allora avevano lavorato su questo argomento in sostanziale indipendenza, a riunirsi per concordare una posizione comune per il progetto di rete europea COSINE: la prima riunione si tiene il 27 febbraio 1986. Si succedono rapidamente tre riunioni in cui nasce l’idea di una rete nazionale delle università e degli enti di ricerca e viene pronunciata per la prima volta la parola “GARR”: il 26 giugno 1986 si redige il primo documento “Proposta di costituzione di un gruppo di armonizzazione delle reti della ricerca in Italia”.

Riprese le riunioni, nell’ottobre dell’anno successivo, si scrive una lettera a Ruberti, allora ministro (senza portafoglio) della Ricerca, in cui ci si propone di operare per il coordinamento delle reti universitarie e della ricerca e di collaborare per la costituzione di una rete europea chiedendo al ministro di costituire formalmente il gruppo di lavoro e di supportarlo nella realizzazione dei suoi obiettivi. La lettera, così come la proposta dell’anno precedente, è firmata dai rappresentanti dei 6 enti (CILEA, CINECA, CNR, CSATA, ENEA, INFN), tra cui il futuro direttore del GARR, Enzo Valente. Il ministro raccoglie la sfida, nel 1988 istituisce la commissione GARR e nel 1989 viene finanziato un progetto triennale per la realizzazione di una “infrastruttura (unitaria) di rete ad alta velocità per la ricerca in Italia”. Alla fine del ’91 la prima rete GARR è diventata realtà e collega un centinaio di sedi CNR, ENEA, INFN e universitarie. Un convegno organizzato a Roma il 26 e 27 marzo 1992 presenta alla comunità scientifica la situazione della rete e i progetti di evoluzione.

Sotto l’aspetto economico, il beneficio è evidente: l’accordo tra i vari enti può essere considerato una sorta di “gruppo d’acquisto”, che permette di accedere a prezzi e condizioni migliori, evitando inoltre duplicazioni inutili nel dimensionamento della rete. Ma più importante è l’interoperabilità: si rendeva possibile l’attività di un gruppo di pionieri - essenzialmente fisici, informatici, ingegneri elettronici, qualche chimico - che già allora si scambiava grandi moli di dati e aveva bisogno di altissima banda e servizi specifici. Spesso questi utenti intervenivano nell’evoluzione della rete: in questa fase, infatti, il confine tra utenti finali ed esperti di rete era molto incerto e spesso si era un po’ entrambe le cose, perché chi aveva un problema si metteva a studiare per risolverlo.

Così, mentre la stampa generalista e persino parte di quella di divulgazione scientifica, in quegli anni, parlava della rete in modo astratto e perlomeno fantasioso, lanciandosi in disquisizioni sui presunti pericoli del cyberspazio e del virtuale, la rete della ricerca, strumento molto concreto di lavoro, faceva nuovi proseliti: senza nessuna regia centrale, con gradualità, per vicinanza, collaborazione scientifica e molto passaparola.

Poi, con l’aumento dei servizi disponibili, la popolazione che li utilizzava è aumentata ulteriormente, e il problema principale è diventato quello di gestire i grandi numeri: ad un certo punto, anche grazie allo sviluppo dei peering, sorse una accesa discussione sull’opportunità e la modalità di far accedere gli studenti alla rete. Fu un salto epocale: da 10-20mila unità, con l’accesso agli studenti il numero di utenti salì di colpo, rivolgendosi ad un bacino di utenza che ai tempi contava almeno 200-300mila persone.

Allora il mercato era ancora terribilmente immaturo, e le esigenze della ricerca erano ancor più di oggi le esigenze di una nicchia. All’inizio si andava a chiedere collegamenti alla SIP e loro non capivano cosa mai ce ne volessimo fare. Solo dopo i primi 5 anni cominciammo a notare un cambiamento: finalmente si parlava con qualcuno che ci capiva.

Oggi la rete è diventata uno strumento pervasivo e il settore si è allargato sotto ogni aspetto: servizi, utenti, competenze. Ma qualcosa si è perso.
Quando mi capita di incontrare qualcuno dei pionieri di quei tempi, una frase ricorrente è “allora eravamo tutti amici”. Oggi, paradossalmente c’è meno collaborazione spontanea nella comunità delle reti della ricerca. Certo in parte questo si spiega con l’inevitabile allargamento del mercato e la conseguente professionalizzazione del settore, e anche con la carenza di fondi, per cui la collaborazione spontanea è vista come un’attività a perdere. Ma credo che anche oggi dovremmo conservare un po’ di quello spirito, dei Carlini, Cabibbo, Biorci e Ruberti, che permise alla comunità della ricerca di governare la rete e non di comprare un servizio.

Antonio Cantore
professore presso l’Università degli Studi di Milano,
ex direttore del CILEA
Laureato in Fisica come molti degli “uomini della rete” degli albori, professore presso l’Università di Milano, ex direttore del CILEA con il quale continua a collaborare attivamente, Antonio Cantore si è occupato di rete dalla metà degli anni ’70. Per capirci, una quindicina d’anni prima della rete GARR.

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