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Good vibrations
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| Maddalena Vario | caffè scientifico
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La rivelazione delle onde gravitazionali ci ha dato un nuovo senso per percepire l’Universo. Dando il via all’astronomia multimessaggera, una nuova astronomia collaborativa e in tempo reale.

C’erano una volta, in un punto molto lontano dell’Universo, due buchi neri che si sono fusi l’uno con l’altro.

La loro fusione ha emesso delle vibrazioni che hanno viaggiato alla velocità della luce per 1 miliardo e 300 milioni di anni, giungendo fino a noi il 14 settembre 2015. Queste vibrazioni, riconosciute come onde gravitazionali, la cui rivelazione è avvenuta grazie alla collaborazione internazionale degli interferometri LIGO e Virgo, hanno cambiato per sempre il nostro modo di vedere l’Universo e hanno spalancato le porte ad altre incredibili scoperte.

Marica BranchesiMarica Branchesi, professoressa associata al Gran Sasso Science Institute, è stata annoverata da Nature tra i 10 personaggi dell’anno nel 2017 e inclusa neil 2018 tra i “magnifici 100”, le 100 persone più influenti secondo il “Time”. È vicepresidente della commissione di Astrofisica delle onde gravitazionali della UAI.

Ne abbiamo parlato con Eugenio Coccia, membro del gruppo premio Nobel 2017 per la fisica, uno degli autori della scoperta delle onde gravitazionali, e con Marica Branchesi, considerata dalla rivista “Nature” una delle personalità scientifiche più importanti del 2017 e dal magazine “Time” una delle 100 persone più influenti al mondo nel 2018.

Entrambi hanno la loro base al Gran Sasso Science Institute (GSSI) all’Aquila, che nasce per merito dell’entusiasmo del rettore Eugenio Coccia, e in cui la magia della ricerca si respira in ogni angolo grazie all’instancabile lavoro di scienziati provenienti da ogni parte del mondo.

La rivelazione delle onde gravitazionali ha cambiato per sempre il nostro modo di vedere l’Universo

“La rivelazione delle onde gravitazionali ha cambiato per sempre il nostro modo di vedere l’Universo” - ci spiega Eugenio Coccia – “perché adesso possiamo finalmente studiarlo con un altro senso. Fino ad allora conoscevamo l’Universo grazie ai fotoni, quindi avevamo un solo senso, quello della vista, ora grazie alle onde gravitazionali che sono vibrazioni dello spazio, è come se avessimo acquisito anche il senso dell’udito, e ciò ci permette di poter esplorare zone dell’Universo oscure, senza luce, che prima erano considerate irraggiungibili. Una data storica quella del 14 settembre 2015 che mi piace associare a quella del 7 gennaio 1610, quando l’umanità finalmente inizia a vedere l’Universo grazie a Galileo, che per primo innalza il cannocchiale verso il cielo. Scruta la volta celeste e scopre dei satelliti che ruotavano intorno a Giove. Si rende conto che Giove è un piccolo sistema solare in miniatura e che, se l’attrazione gravitazionale si manifesta anche in Giove, allora può essere ovunque e qualsiasi cosa può orbitare intorno ad un’altra. Per l’astronomia è una grande rivoluzione e circa 400 anni dopo, eccoci d’avanti ad un’altra grande rivoluzione”.

Eugenio Coccia - Credits GSSIEugenio Coccia è il fondatore, e dal 2016 il rettore, del Gran Sasso Science Institute. Fa parte del gruppo che ha ricevuto il Nobel per la Fisica del 2017 e per il suo contributo alla scoperta delle onde gravitazionali ha ricevuto vari riconoscimenti nazionali e internazionali.

Passa pochissimo tempo da quel settembre del 2015 e nell’agosto del 2017 vengono rivelate altre onde gravitazionali, generate dalla fusione di due stelle di neutroni, avvenuta 130 milioni di anni prima. Questa fusione di stelle produce anche luci e colori, non solo suoni come era avvenuto nella fusione dei due buchi neri, ed è proprio la luce prodotta che permette agli astronomi di entrare in azione. Infatti, non appena rivelate le onde gravitazionali, grazie ad un perfetto lavoro di team tra fisici e astronomi, i telescopi di tutto il mondo puntano sull’evento e l’Universo mostra in tutta la sua perfezione un film con suoni e immagini meravigliosi sincronizzati tra di loro. E’ l’inizio di una nuova era astronomica, quella multimessaggera, capace di esplorare l’Universo con luci e suoni. Pioniera di questa nuova astronomia è la scienziata Marica Branchesi che, grazie al suo paziente lavoro, entusiasmo, carisma e passione, è riuscita a far dialogare e lavorare insieme fisica e astronomia. Anche per questo Nature l’ha descritta come “Merger Maker”, laddove merger vuol dire fusione: tra due stelle di neutroni e tra due mondi, fisica e astronomia.
“Sono entrata nel 2009 nella collaborazione Virgo e Ligo che lavorava alle onde gravitazionali” - ci spiega Marica Branchesi. “Avevo un background di astronoma e il primo anno non è stato facile perché mi sono interfacciata con un mondo diverso, con dinamiche collaborative molto differenti. Mi sono resa conto che stavo lavorando ad un’astronomia di frontiera, l’astronomia delle onde gravitazionali, e man mano ho cominciato a capirne il grande potenziale. In quegli stessi anni è nato il gruppo, di cui poi sono diventata coordinatrice per 5 anni, incaricato a cercare la controparte elettromagnetica delle onde gravitazionali. Eravamo già dinanzi ad un grande cambiamento, ovvero a due mondi che si cominciavano ad avvicinare, se pensiamo che la parte elettromagnetica aveva riguardato sino ad allora solo l’astronomia mentre le onde gravitazionali erano state sino a quel momento di esclusivo appannaggio dei fisici. Abbiamo cominciato a organizzare congressi internazionali, iniziando a parlare con gli astronomi di questa nuova astronomia, per spiegare quanto potesse avere implicazioni fondamentali anche nella loro astronomia e poter gettare le basi di questa nuova collaborazione. Abbiamo avuto tanti comitati interni in cui abbiamo discusso di strategie osservative, di analisi dei dati multimessageri e in cui abbiamo definito le policy nello scambio di informazioni e nel coordinamento degli articoli. Ricordo ancora che alle prime conferenze in cui parlavo di astronomia delle onde gravitazionali c’era pochissima gente, anche perché sembrava impossibile che la rivelazione delle onde gravitazionali potesse essere una cosa reale, poi piano piano intorno all’argomento si è creato sempre più interesse. Credo sia stato proprio questo il punto fondamentale: essere riuscita da astronoma a parlare con gli astronomi, usando il loro stesso linguaggio e convincendoli di ciò che anche per me era stata una meravigliosa scoperta, ovvero il potenziale che questa astronomia portava con sé.

Un’astronomia in real-time: l’importanza della rete

È un’astronomia veloce, vengono visti i candidati di onde gravitazionali quasi in real-time e subito viene data l’allerta ai telescopi che devono essere pronti a puntare il cielo.
Anche per i fisici non è stato immediato capire l’importanza della velocità di questa astronomia. La luce associata all’evento gravitazionale può scomparire nel giro di qualche minuto, ora o qualche giorno. I fisici erano abituati a mandare informazioni solo quando erano solide, invece nell’astronomia delle onde gravitazionali è necessario mandare informazioni, anche se preliminari, subito dato che c’è bisogno di altrettanta velocità nel puntare i telescopi.
La rete è stata fondamentale, sia per il passaggio di informazioni che per ridurre la distanza tra i ricercatori che dovevano subito collegarsi in teleconferenza per guardare lo stato dei rivelatori e la qualità dei dati e prendere decisioni rapide.

Un dialogo che supera ogni diversità

Come in ogni aspetto della vita la diversità tende a creare barriere e due discipline così diverse rendevano difficile il dialogo tra i ricercatori. Invece è stata proprio la diversità di competenze e l’abbattimento di ogni tipo di barriera che ha reso possibile questo incredibile risultato, costituendo il valore aggiunto primario. C’è stata dunque la collaborazione di migliaia di astronomi da tutto il mondo con il supporto di 200 strumenti ed è nato un nuovo modo di fare astronomia. Una astronomia che ha mostrato la necessità di collaborare a livello mondiale. E la grande ricchezza di questa scoperta è stata anche la stesura di un paper firmato da 3.500 persone di tutto il mondo che hanno lavorato insieme, a ulteriore dimostrazione che le barriere non servono e che abbatterle porta a grandi risultati. C’è voluta tanta fiducia e ottimismo, alla fine ce l’abbiamo fatta e le scoperte sono arrivate prima di quanto ce lo aspettavamo.

Il passato ci parla del futuro

La luce associata all’evento gravitazionale può scomparire nel giro di qualche minuto, ora o giorno. È necessario mandare informazioni subito, anche se preliminari, per puntare i telescopi

“Come spesso accade nella scienza, stavamo cercando alcune risposte e abbiamo ottenuto molto altro. Abbiamo confermato l’esistenza delle onde gravitazionali teorizzate da Einstein, l’esistenza di buchi neri e delle stelle di neutroni e abbiamo svelato un grande mistero perché ora sappiamo l’origine gli elementi chimici pesanti che sono sulla Terra, come l’oro e l’uranio. Essi provengono da uno scontro di stelle di neutroni nello spazio” - continua Eugenio Coccia – “Abbiamo finalmente la facoltà di percepire le vibrazioni dello spaziotempo per poter indagare anche uno dei grandi misteri della scienza ovvero la materia oscura: gli stessi buchi neri potrebbero spiegarci una parte della stessa. Capiremo sempre meglio come è avvenuta l’espansione dell’Universo e quindi come l’Universo si espanderà nel futuro. Ci piacerebbe scoprire se la teoria della relatività di Einstein è corretta o se ci saranno nuovi fenomeni che la metteranno in discussione. Ora siamo limitati a indagare una porzione dell’Universo ma con i nuovi rivelatori andremo sempre più lontano, fino ad arrivare ai limiti della storia dell’Universo.

Tutti insieme per l’Einstein Telescope

Proprio l’Einstein Telescope sarà un osservatorio di onde gravitazionali di terza generazione che ci permetterà di vedere stelle di neutroni e buchi nei più lontano e nuove sorgenti” – aggiunge Marica Branchesi. “In questo progetto le collaborazioni diventeranno ancora più importanti ed è per questo che è necessario che il progetto sia supportato da tutta la comunità di fisici e astrofisici e sia visto come un progetto di tutti. Con l’Einstein Telescope si apriranno tante nuove possibilità e penso che la Sardegna abbia le caratteristiche scientifiche per essere il posto perfetto per ospitare questo telescopio. Mi auguro di cuore che la scienza possa trionfare in questa importante scelta a livello internazionale!”.

Curiosità stellari

Stelle di neutroni
Bisogna immaginare una stella come il sole tutta dentro Roma come dimensioni che si avvicina a un’altra simile. Queste due stelle così dense, che un cucchiaino della materia di cui sono composte pesa circa un miliardo di tonnellate, si sono fuse insieme e dallo scontro si sono generate vibrazioni nello spazio-tempo, le onde gravitazionali, che sono giunte fino a noi viaggiando alla velocità della luce per 130 milioni di anni.

L’Universo è una miniera d’oro
Per la prima volta è stato scoperto che proprio dalla fusione di due stelle di neutroni si formano oro, platino, piombo, ovvero tutti quegli elementi chimici più pesanti del ferro. In particolare da una coalescenza di stelle di neutroni si può formare tanto oro quanto dieci Terre, come dire che i nostri gioielli vengono dalla coalescenza di stelle di neutroni avvenuta miliardi di anni fa nella nostra galassia.

Dalle immagini ai suoni dell‘Universo: le due date storiche
7 gennaio 1610: l‘umanità finalmente inizia a vedere l’Universo grazie a Galileo, che per primo innalza il cannocchiale verso il cielo.
114 settembre 2015: l‘umanità inizia anche a sentire l‘Universo grazie alla rivelazione delle onde gravitazionali e niente sarà 12 mai più come prima...

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