Skip to main content
Argo: Vedo Argo Sum
Argo: Vedo Argo Sum

Argo: Vedo Argo Sum

| Maddalena Vario | Caffè scientifico

Articolo letto 5220 volte

Colloquio con il prof. D’Ettorre Piazzoli

Professore, ci può spiegare cos’è il progetto ARGO?

ARGO-YBJ è un apparato che rivela sciami di particelle, dedicato sia alla ricerca di sorgenti di raggi gamma, come le radiazioni elettromagnetiche situate nella nostra galassia e al di fuori di essa, sia alla rivelazione di altri tipi di raggi cosmici (protoni, nuclei, ecc).

L’ esperimento è posto a circa 4300 metri di altezza sull’altopiano del Tibet, nel laboratorio di YangBajing (YBJ). Il nome ARGO è stato ispirato dal nome del mostro mitologico con mille occhi non tutti dormienti contemporaneamente e si riferisce alla struttura dell’apparto che è composto di molti rivelatori assemblati in modo da avere circa 18.500 occhi elettronici in grado di osservare gli sciami. Il progetto ARGO- YBJ è nato con l’obiettivo di realizzare un apparato di nuova generazione in grado di operare con un ampio campo di vista e con un elevato duty cycle (tempo in cui l’apparato è attivo e accumula dati), in modo da condurre accurati studi di gamma-astronomia e fisica della radiazione cosmica primaria.

Come funziona esattamente ARGO?

La struttura continua consente di rivelare il fronte dello sciame con grande dettaglio spazio-temporale permettendo così un’eccellente ricostruzione della direzione di provenienza della particella primaria e la possibilità di distinguerne la natura (fotoni, protoni, nuclei) in base alle proprietà topologiche topologiche delle particelle sul piano del rivelatore. L’apparato ARGO consiste in un tappeto centrale di rivelatori RPC (Resistive Plate Counters) sviluppati come tecnologia e realizzazione in Italia.

Benedetto D'Ettore Piazzoli
Benedetto D'Ettore Piazzoli

INFN - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
Membro della Giunta Esecutiva
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Esso ha le dimensioni di 74x78 m2, con un’area attiva di circa 92%, circondato da un anello di guardia composto dagli stessi rivelatori RPC diviso in unità di 12 RPCs (cluster) con lettura dei dati modulare. L’informazione raccolta è sia di tipo digitale che analogico, consentendo in tal modo di investigare un ampio intervallo di energia, dalle centinaia di GeV (109 electron Volt) alle migliaia di TeV (1012 eV). La sua principale caratteristica è di essere un apparato di larga superficie ed elevato duty cicle. Esso è quindi in grado di osservare fenomeni durante tutto l’arco della giornata e con qualsiasi situazione meteorologica. I suoi tanti occhi elettronici possono ammirare il cielo al di sopra di esso con un ampio angolo di visuale. Queste caratteristiche lo rendono l’unico apparato in questo momento in grado di osservare gli sciami con un dettaglio mai raggiunto fino ad ora e di monitorare il cielo continuamente.

Perchè ARGO è stato costruito proprio in Tibet a 4300 metri di altezza? Immagino non sia stato facile mettere su un osservatorio in un posto così isolato e impervio...

La struttura continua dell’apparato e la sua collocazione in alta quota (YangBaJing, Tibet, 4300 m s.l.m.) permettono non solo di rivelare anche sciami di bassa energia che altrimenti verrebbero completamente assorbiti dagli strati più bassi dell’atmosfera, ma anche di misurare con maggior precisione le caratteristiche dei raggi cosmici primari che, interagendo con gli atomi dell’atmosfera, generano gli sciami. Inoltre bisogna valutare sì la scomodità connessa con l’alta quota e la mancanza di servizi tipici delle zone più popolate, ma in questo caso hanno giocato un ruolo fondamentale l’assenza di inquinamento antropico, la trasparenza dell’atmosfera e la stabilità delle condizioni climatiche che esaltano le capacità dell’apparato. Senza contare poi che la bellezza di questi luoghi ancora relativamente incontaminati e vicini al “tetto del mondo” ha un grande fascino e genera attrazione per i fisici coinvolti in questo progetto di ricerca di base. La situazione logistica non è ovviamente delle più comode e richiede, fra le altre cose, una buona dote di adattamento fisico alle condizioni di scarsa pressione atmosferica. Le persone che salgono a YBJ per lavorare hanno normalmente bisogno di alcuni giorni per adattarsi lentamente all’atmosfera più rarefatta passando dal livello del mare ai 4300 metri in almeno 48-96 ore.

La lunghezza del viaggio ed il periodo di adattamento rendono produttiva una permanenza minima di circa due settimane. Una ricercatrice che ha frequentato il laboratorio con grande assiduità, Silvia Vernetto, ha anche scritto un libro sulla sua esperienza in questi anni: “In Tibet. Tra uomini e dei”. Un grosso passo avanti è stato fatto quando si è potuta ottenere una connessione di rete ad alta velocità fra la Cina e l’Europa attraverso i progetti Europei ORIENT ed EUChinaGrid. Il primo ha realizzato la connessione al Gigabit fra le reti della ricerca cinesi e GÉANT, la rete europea della ricerca di cui fa parte la rete nazionale italiana GARR. Tramite GARR, GÉANT ed ORIENT si è potuto cominciare nel 2006 un trasferimento dei dati dal Laboratorio di YBJ direttamente in Italia ottenendo un trasferimento sostenuto di più di 75 Mbps verso il centro di calcolo INFN-CNAF di Bologna. Il progetto EUChinaGRID ha realizzato il trasporto affidabile di questi dati implementando un sistema quasi online di produzione, trasferimento ed analisi dati che ha permesso ai ricercatori italiani di “annullare” le distanze e di controllare in maniera remota il buon funzionamento dell’apparato.

Quali risultati si sono raggiunti sino ad ora? Quali sono le prospettive future?

In questi anni l’apparato ARGO-YBJ ha raccolto una quantità impressionante di dati, anche grazie alla connessione di rete ad alta velocità. Di grande rilevanza possiamo citare alcuni risultati pubblicati nell’ultimo paio di anni.

ARGO

è situato a YangBaJing in Tibet, a 4300 metri sul livello del mare. La sua collocazione permette di rilevare dati che altrimenti verrebbero completamente assorbiti dagli strati più bassi dell’atmosfera. La situazione logistica non è ovviamente delle più comode e richiede, fra le altre cose, una buona dote di adattamento fisico alle condizioni di scarsa pressione atmosferica. Silvia Vernetto, una ricercatrice che ha frequentato il laboratorio con grande assiduità ha anche scritto un libro sulla sua esperienza in questi anni: ”In Tibet. Tra uomini e dei”.

  • La rivelazione di variazioni di intensità della Markarian-421 nel 2008. La Markarian 421 è un “Blazar”, cioè una sorgente altamente energetica variabile e molto compatta, che si pensa sia associata a un buco nero supermassiccio che si trova al centro della galassia ospite. È una galassia attiva fra le più vicine alla Terra, ed una grande sorgente di raggi gamma. Le indagini sulla variazione delle sua intensità nelle diverse parti dello spettro energetico sono significative per l’interpretazione dei meccanismi all’origine di questi fenomeni come i buchi neri.
  • Il limite posto sull’esistenza di Gamma Ray Burst (GRB) ad altissima energia (ovvero la mancanza di variazioni, statisticamente significative, della quantità di sciami in coincidenza con le osservazioni di GRB in altre regioni dello spettro). I Gamma Ray Burst, sono dei “lampi” di radiazione Gamma che possono durare da pochi millisecondi a decine di minuti e che sono stati per la prima volta individuati dai satelliti. Queste potenti esplosioni di energia sono abbastanza frequenti (all’incirca una al giorno) e la loro distribuzione nel cielo è isotropa, ovvero avvengono in direzioni del tutto casuali ed imprevedibili. La loro origine non è completamente conosciuta e si ritiene che siano eventi cosmologici, situati in galassie esterne alla Via Lattea dove queste potenti emissioni di raggi gamma sono generate dall’accrescimento di materia attorno ad un buco nero. A volte sono accompagnati da emissione in altre bande spettrali (es. raggi X). L’apparato ARGO sta cercando di indagare se ci sono emissioni ad altissima energia che accompagnano i GRB individuati dai satelliti perché questo avrebbe delle implicazioni importanti sulla definizione della teoria della loro formazione.
  • La misura della sezione d’urto Protone- Aria che completa le misure fatte dagli acceleratori e da altri apparati per rivelazione di raggi cosmici. I protoni cosmici hanno in molti casi energie elevatissime, ben superiori a quelle dei protoni accelerati da LHC, e l’indagine sugli sciami che producono impattando sui nuclei dell’aria dà informazioni sulle interazioni Protone- Protone ad energie a cui LHC non può arrivare.

La ricca messe di risultati è stata il compenso meritato di un lungo lavoro di costruzione e di messa a punto del rivelatore in collaborazione con il gruppo di ricercatori cinesi dell’Institute of High Energy Physics (IHEP) dell’Accademia Cinese delle Scienze. La collaborazione fra INFN ed IHEP è stata proficua, anche se faticosa a causa delle lunghe distanze.

Per maggiori informazioni: https://argo.na.infn.it

Ti è piaciuto questo articolo? Faccelo sapere!
Dai un voto da 1 a 5, ne terremo conto per scrivere i prossimi articoli.

Voto attuale: