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Una finestra sull’oceano

Una finestra sull’oceano

| Maddalena Vario | caffè scientifico
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Colloquio con Paolo Favali Dirigente di ricerca e Coordinatore progetto EMSO - INGV - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

favali-ico Gli oceani, che coprono oltre il 70% della superficie terrestre, giocano un ruolo importante nel regolare il clima terrestre e sono spesso fonte di catastrofi naturali. Tuttavia c'è ancora molto che non sappiamo sulla circolazione oceanica e sulle profondità marine più in generale. È per questo che è stata progettata EMSO, la rete sottomarina di monitoraggio permanente.

Professor Favali, ci può parlare del progetto EMSO?

EMSO è un'infrastruttura di ricerca ESFRI di interesse paneuropeo coordinata da INGV ed è essenzialmente una rete sottomarina distribuita e multidisciplinare di monitoraggio permanente che va dai fondali anche profondi a tutta la colonna d'acqua.
EMSO ha iniziato la sua fase preparatoria nel 2008 con lo scopo principale di costituire l'entità legale per la gestione dell'infrastruttura. Questa fase durerà fino al 2012, mentre la piena operatività dell'infrastruttura EMSO a livello europeo è prevista tra il 2015 e il 2020.

Quali sono gli obiettivi di EMSO?

La rete EMSO copre sia il fondo marino sia la colonna d'acqua ed è distribuita dall'Artico al Mar Nero passando per l'Atlantico e il Mediterraneo. Il concetto è quello di realizzare una rete che sia in grado di rilevare lunghe serie temporali di dati con gli opportuni campionamenti al fine di evidenziare e studiare le variabilità nel tempo dei diversi fenomeni.
Ciò ci permetterà di affrontare importanti sfide, quali la comprensione scientifica e la mitigazione degli effetti dei pericoli naturali (come terremoti, tsunami, vulcani o frane sottomarine), lo studio dei cambiamenti climatici, delle variazioni del livello dei mari e dei cambiamenti negli ecosistemi marini.

Come funziona esattamente la rete di monitoraggio?

L' architettura complessiva dell'infrastruttura sarà mista tra siti cablati e siti in connessione acustica/satellitare tramite boe di superficie, questi ultimi siti permetteranno un flusso dati in "near-real-time". L' acquisizione dei dati avverrà in tempo reale grazie ai siti collegati tramite cavi elettro-ottici tra il fondo mare e la terra e, sempre in tempo reale, verranno trasmessi via terra grazie alle reti della ricerca a banda ultralarga. In molti casi il "tempo reale" diventa un requisito imprescindibile, ad esempio quando i dati vanno integrati nelle altre reti terrestri (dati sismologici e geofisici più in generale) o quando ci troviamo a gestire notevoli flussi di dati, ad esempio dati acustici per il rilevamento di mammiferi marini (campionamenti fino a 200mila campioni al secondo per singolo idrofono).
Come avviene già in uno dei 12 siti del progetto, nell'osservatorio dell'INGV e dell'INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) chiamato NEMO-SN1 e situato al largo della costa della Sicilia orientale (ad oltre 2000 m di profondità nello Ionio occidentale). L' osservatorio, dotato di sensori geofisici e oceanografici, trasmette i dati in tempo reale tramite cavi elettro-ottici e rappresenta il primo prototipo di nodo operativo di EMSO.

Ha parlato di mitigazione di Geo-hazards. In caso di tsunami devastanti come quello che ha colpito il Giappone, come le reti sottomarine del progetto EMSO potranno essere di aiuto?

C'è da dire che nel Mediterraneo e nell'Atlantico (offshore portoghese) abbiamo strutture sismogenetiche, potenzialmente anche tsunamigeniche, molto vicine alla costa, per cui i tempi di arrivo delle eventuali onde di maremoto generate dal terremoto arrivano a colpire in tempi molto ridotti (dell'ordine dei 15-20 minuti per l'arrivo della prima onda). A tal fine le reti sottomarine aiuteranno ad emettere degli allarmi in tempi molto ridotti (3-5 minuti), che dovranno poi essere gestiti dalle autorità competenti (come la Protezione Civile) le quali dovranno anche farsi carico dell'educazione al comportamento della popolazione, come viene fatto in Giappone.

Tale educazione comportamentale, nel caso dell'ultimo disastro dell'11 marzo 2011, ha sicuramente permesso di salvare molte vite in Giappone: il numero delle vittime, infatti, sarebbe potuto essere molto più elevato, anche se è difficile fare una reale stima quantitativa. Andando indietro nel tempo, ricordiamo il caso del terremoto di Lisbona del 1755 (M 8.5) che, avvenuto al largo dell'Algarve, determinò uno tsunami che giunse in circa 20 minuti sulle coste meridionali portoghesi e in circa 50 minuti alla foce del Tago (fiume che attraversa Lisbona), distruggendo tutta la parte bassa della città ad esclusione della zona dell'Alfama che è la parte più antica nonché più elevata topograficamente della città. Oppure il terremoto di Messina del 1908 (M 7.5) che determinò un'onda di maremoto che fece più vittime del terremoto e che arrivò sulle coste calabro-sicule in circa 15 minuti, con altezze d'onda fino a 13 metri, del tutto paragonabili a quelle avute nei maremoti di Sumatra del dicembre 2004 e del Giappone del marzo 2011.

E per quanto riguarda lo studio dei cambiamenti climatici ?

Gli oceani, insieme all'atmosfera, determinano il clima del nostro pianeta, quindi ai fini dello studio dei cambiamenti climatici avere la disponibilità contemporanea di dati provenienti da diverse aree marine, estreme come l'Artico, o oceaniche e mediterranee anche profonde, aiuterà a vincolare meglio i modelli climatici di previsione dei cambiamenti nel tempo. Quello che manca allo stato attuale è una raccolta di parametri acquisiti in un lungo arco temporale in ambiente marino anche profondo, che possa consentire una conoscenza dei fenomeni e della loro variabilità temporale.

Ad esempio si parla spesso di anomalie, ma se non sappiamo quale sia il livello "normale" di un certo parametro, come possiamo parlare di "anomalia"? Solo delle serie di parametri acquisite in un lungo arco temporale permetteranno di definire ciò che è "normale". È per questo che il modo in cui le indagini vengono condotte sta cambiando: non più osservazioni "spot" in occasione di eventi catastrofici, ma indagini condotte nel tempo "in situ" per studiare i differenti fenomeni e la loro variabilità nel tempo, tutto questo al fine di cogliere i cambiamenti che avvengono nell'arco temporale che va dai secondi ai decenni dipendentemente del fenomeno sotto osservazione.

Come pensate di gestire i dati che raccoglierete? Chi trarrà beneficio da queste osservazioni?

EMSO genererà flussi di dati in tempo sia reale sia quasi reale e li renderà disponibili tramite il web ai ricercatori di tutto il mondo, i quali potranno quindi portare avanti le loro sperimentazioni da remoto. EMSO, per essere un'infrastruttura paneuropea, ha come requisito fondamentale l'open access dei dati e si occuperà di organizzarli e conservarli nel tempo in database dinamici e fruibili ad altre categorie di utenti quali stakeholders, policy-makers e pubblico più in generale. Inoltre dovranno essere rese disponibili risorse di calcolo per gestire e analizzare le quantità notevoli di dati che verranno generate.

Per far questo il collegamento ad alta capacità fornito dalle reti della ricerca diventerà un indispensabile strumento di lavoro. A beneficiarne non sarà solo la ricerca, ma anche l'industria e la stessa società civile, con importanti ricadute socio-economiche per tutta l'Europa. Infatti l'infrastruttura permetterà la sperimentazione di nuovi strumenti, sistemi complessi e materiali, dando la possibilità all'industria di trovare nuove vie a costi relativamente contenuti. Per quanto riguarda invece la società civile, questa potrà beneficiare dei risultati ottenibili analizzando e interpretando i dati prodotti dall'infrastruttura per pianificare interventi di sviluppo sostenibile compatibile con l'ambiente.

Quali sono i prossimi obiettivi?

Per ottenere progressi sempre più soddisfacenti, è necessaria una cooperazione congiunta a livello trans-nazionale ed è per questo che stiamo tra l'altro lavorando per integrare l'infrastruttura EMSO con progetti similari che si stanno sviluppando principalmente in Canada (NEPTUNE, www.neptunecanada. com), USA (OOI, www.oceanleadership.org) e Giappone (DONET, www.jamstec.go.jp/jamstec-e/maritec/ donet), con l'obiettivo ultimo di creare un unico sistema di monitoraggio multidisciplinare a scala globale integrato con le reti terrestri e l'osservazione della Terra da satellite che possa essere utilizzato dai ricercatori di tutto il mondo e sia parte integrante di GEOSS (Global Earth Observation System of Systems, www.earthobservations. org/geoss.html).

Le infrastrutture di ricerca, che costituiscono gli indispensabili strumenti da utilizzare nei diversi campi, determineranno notevoli miglioramenti scientifici e tecnologici che porteranno a nuove conoscenze. Anche l'integrazione delle informazioni provenienti da diverse infrastrutture sarà un aspetto cruciale di questo processo principalmente culturale. Tutto ciò sarà possibile se il mondo delle infrastrutture di ricerca e dell'ICT (Information Communication Technology) si integreranno e saranno capaci di lavorare insieme allo scopo di fornire strumenti in grado di gestire i dati di natura diversa provenienti dalle infrastrutture tenendo conto dei loro requisiti. In questa integrazione un ruolo molto importante sarà giocato dalle reti della ricerca. Ciò, una volta realizzato, sarà sicuramente una sorta di "Rivoluzione Copernicana" del 21° secolo.

Maggiori informazioni: https://www.emso-eu.org

L'INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) è nato nel 1999 con l'obiettivo di raccogliere in un unico polo le principali realtà scientifiche nazionali nei settori della geofisica e della vulcanologia ed è attualmente la più grande istituzione europea in questo campo ed una delle più grandi nel mondo. Sono collegate alla rete GARR 9 sedi in tutta Italia.

Il ruolo delle e-Infrastructure per lo studio dei cambiamenti climatici

a cura di Alberto Masoni

Le e-Infrastructure possono giocare un ruolo chiave nel globalizzare gli strumenti scientifici per la lotta al cambiamento climatico, fornendo piattaforme di reti, calcolo e storage armonizzate, potenti e accessibili dai ricercatori ovunque essi si trovino. È quanto sta facendo ad esempio EU-IndiaGrid2, progetto co-finanziato dalla Commissione Europea, che ha avuto un ruolo chiave nel favorire la cooperazione fra le infrastrutture di Grid europee e indiane basate sulle reti della ricerca quali l'europea GÉANT, di cui la rete GARR è parte, l'asiatica TEIN3 e l'indiana NKN.

Tra quelle supportate dal progetto, la comunità della ricerca sul clima è una delle più importanti, con applicazioni di grande impatto su vaste regioni del mondo, come quella che studia le variazioni del monsone indiano, che regola di fatto il ciclo di vita per la popolazione, la fauna e la flora di una importante frazione del nostro pianeta. Il cambiamento climatico è infatti uno dei settori a più alta priorità nel programma da oltre un miliardo di euro per le e-Infrastructure recentemente varato dall'India, che promette così di diventare uno dei "big player" di questo settore nei prossimi anni.

Maggiori informazioni: www.euindiagrid.eu

 
Infrastrutture di ricerca

Il termine "infrastrutture di ricerca" si riferisce a impianti e risorse che forniscono servizi essenziali alla comunità di ricerca sia scientifica che industriale. Queste "infrastrutture" possono essere:

 • a "singolo sito" (risorsa singola in una singola località);

 • "distribuite" (risorse distribuite, incluse le e-Infrastructure, ovvero il sistema di servizi avanzati che include reti a larghissima banda quali le reti della ricerca, centri di calcolo, sistemi di gestione di dati di cui il Grid computing è parte integrante);

 • "virtuali" (per cui il servizio è fornito elettronicamente). Come esempi si possono citare installazioni singole di grandi dimensioni, collezioni, ambienti naturali speciali (habitat), biblioteche e basi dati, reti integrate di piccole installazioni complementari, reti di calcolo, centri infrastrutturali di competenza basate su una integrazione di tecniche e di know-how capace di fornire un servizio per una comunità scientifica più ampia, e reti di monitoraggio multidisciplinari geograficamente distribuite.

European Research Area (ERA)

Con l'ERA, la Commissione Europea si propone di favorire l'integrazione e il coordinamento delle attività e delle politiche nazionali nel settore della ricerca, superando le frammentazioni esistenti e favorendo la libera circolazione di ricercatori, conoscenze e tecnologie.

Il Forum ESFRI per le infrastrutture di ricerca

La Commissione Europea ha lanciato, nel 2002, ESFRI, il Forum Strategico Europeo per le Infrastrutture di Ricerca, che è stato costituito nell'aprile dello stesso anno ed è composto da un rappresentante della Commissione Europea e da rappresentanti dagli Stati membri e associati dell'Unione Europea nominati dai Ministri della Ricerca.

L'obiettivo del Forum è di individuare le "European Large-scale Infrastructures" ovvero le infrastrutture di ricerca necessarie per l'Europa. ESFRI ha presentato il suo primo rapporto (Roadmap) a settembre 2006, indicando 34 progetti di larga scala (oggi diventati 48), a differenti stadi di maturità, nell'ambito di: scienze ambientali, energia, scienza dei materiali, astronomia, astrofisica e fisica nucleare e delle particelle, biomedicina e scienza della vita, scienze sociali e umanistiche, calcolo ed elaborazione dati.
L'idea è che l'Europa si doti di "strumenti" importanti e necessari per incrementare l'ERA (European Research Area). Tra le infrastrutture scelte da ESFRI nel settore ambientale sin dal 2006 è stata inclusa EMSO (European Multidisciplinary Seafloor Observatory) tra le poche a coordinamento italiano.

La fibra ottica di GARR-X Sinergie virtuose con INFN, INAF e INGV
La fibre ottiche di GARR-X collegheranno presto al PoP GARR di Catania la sede INAF di Noto, che ospita il radiotelescopio del progetto e-VLBI e la sede INFN di Portopalo di Capo Passero, che ospita la stazione di controllo del telescopio sottomarino europeo per neutrini KM3NeT e collegherà anche un nodo delle rete europea di osservatori sottomarini EMSO, dedicati allo studio multidisciplinare dalla geofisica alla biologia marina (sia KM3NeT che EMSO sono grandi infrastrutture di ricerca ESFRI). A questa iniziativa transnazionale l'Italia partecipa con un ruolo importante che vede impegnati come coordinatori europei l'INFN per KM3NeT e l'INGV per EMSO.

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