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Nanomax: diagnosi e cura con le nanotecnologie
| Carlo Volpe | Caffè scientifico
Colloquio con il prof. Pavone
Professor Pavone, qual è l’obiettivo principale del progetto Nanomax? Come mai avete scelto questo nome?
L’ambizione è quella di partire dalle nanotecnologie per sviluppare tecnologie di diagnostica e di tipo terapeutico su organi o direttamente su pazienti. Quindi intendiamo connettere il nanomondo al macromondo, da qui il nome Nanomax.
Una parte consistente del progetto è dedicata allo sviluppo di biosensoristica, sistemi integrati che prendano in esame diversi parametri e siano multimodali, cioè con la capacità di lettura dei dati con metodologie diverse sia ottiche che non ottiche.
Francesco Saverio Pavone
LENS - Laboratorio Europeo di Spettroscopie Non Lineari, Università di Firenze, Dipartimento di Fisica
Direttore Progetto Nanomax
L’obiettivo è sviluppare un insieme di piattaforme tecnologiche che variano da quelle complesse ad alta sensibilità, che possano in futuro essere installate in centri di elevata specializzazione, a lettori a basso costo, cioè dei dispositivi usa e getta che possano essere usati in centri non specializzati (point of care), come ambulatori, presidi medici o piccoli ospedali. C’è poi un’altra parte del progetto che focalizza l’attenzione sull’individuazione di biomarcatori, sia nanoparticelle che possano essere rilevate con sistemi di lettura di imaging, sia molecole di coniugazione che servano ad agganciare queste nanoparticelle alle molecole di interesse, che sono marcatori di patologie in diversi ambiti: oncologico, neurologico, infettivologico, cardiologico. Questo tipo di attività si intende sia per sistemi in vitro che in vivo, in un primo momento sul modello animale, in modo da permettere, a seconda dei casi, la rilevazione dei marcatori con sistemi sperimentali o tradizionali come la PET e la risonanza magnetica.
Un altro aspetto molto importante considerato dal progetto è che le nanoparticelle possono essere portatrici di alcune molecole, come microRNA, che possono avere un’azione di tipo terapeutico. Le nanoparticelle sono in grado di trasportare le molecole nel luogo adatto e rilasciarle dove serve, attraverso un segnale di trasmissione chimica o attraverso sistemi di irraggiamento (onde elettromagnetiche). Tra gli obiettivi di Nanomax, dunque, c’è senz’altro quello di fornire un supporto alla diagnosi, ma anche quello di prevedere usi terapeutici grazie al rilascio locale di farmaci che vadano a inibire selettivamente le cellule malate.
I PROTAGONISTI
Il progetto, coordinato dal CNR, ha come partner:
- 32 Istituti del CNR appartenenti ai dipartimenti di Scienze Fisiche e Tecnologie della Materia, Scienze Biomediche e Scienze Chimiche e Tecnologie Molecolari
- Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori (Milano)
- LENS, Laboratorio Europeo di Spettroscopie Non Lineari
- IIT, Istituto Nazionale di Tecnologia
- Politecnico di Torino, Dipartimento di Scienza dei Materiali e Ingegneria Chimica - Università di Genova, Dipartimento di Fisica
- Università di Milano, Dipartimento di Scienze Cliniche “L. Sacco”
NanoMax
Ha parlato di dispositivi usa e getta. Come funzionano?
In Nanomax stiamo lavorando alla realizzazione di un lettore per l’analisi del campione biologico e di una scheda, chiamata cartridge, dove viene inserito il materiale da analizzare e nella quale sono già previsti tutti gli stadi di preparazione del campione: dal trattamento alla purificazione ed estrazione delle molecole di interesse, dalla marcatura delle molecole con nanoparticelle o biomarcatori alla rivelazione delle nanoparticelle. Tutte queste quattro fasi sono implementate in un’unica schedina e ciò rappresenta la vera sfida del progetto, perché ad oggi non esiste nessun dispositivo in grado di integrare i diversi stadi e eseguirli in piena automazione. Questo permetterà l’utilizzo del sistema anche al personale medico non specializzato in tutte le fasi, perché sarà completamente “user friendly”. Per molte patologie è importante avere dispositivi utilizzabili anche dal medico di base perché ciò permette di avere una pervasività sul territorio, avvicinandosi molto al paziente e di aumentare il monitoraggio delle malattie per affrontarle precocemente. Evidentemente ciò comporta anche un abbattimento dei costi e può avere benefici importanti se pensiamo di esportare questi sistemi in aree svantaggiate o nel Terzo mondo per prevenire malattie che sono veri e propri flagelli, come l'HIV, il papilloma virus o l'epatite C.
In futuro, inoltre, si può pensare di realizzare dei lab-on-chip, laboratori miniaturizzati che prevedono un sensore integrato con un sistema di controllo per trattare il campione e analizzarlo. Questo non sarà realizzabile nel corso dei tre anni di durata del progetto, ma stiamo lavorando per la messa a punto di sottosistemi in questa direzione.
Nanomax è uno dei Progetti Bandiera finanziati nel Piano Nazionale della Ricerca 2011-13. Qual è l’elemento di forza di questa iniziativa?
Il grande valore aggiunto di Nanomax è aver messo insieme, all’interno della comunità scientifica italiana le migliori competenze esistenti che vanno dal campo della medicina a quello della fisica, della chimica, della biologia. Questa collaborazione è trasversale tra centri universitari, istituti di ricerca e dipartimenti del CNR, e in particolare quello di Scienze Fisiche e tecnologie della materia, diretto dal prof. Inguscio, quello di Scienze biomediche, diretto dal prof. Pozzan e quello di Scienze chimiche e tecnologie molecolari, diretto dal prof. Ambrosio. È anche grazie al supporto di tali dipartimenti che molte delle competenze di eccellenza del CNR in Italia hanno potuto dare il loro apporto fondamentale al progetto.
Quali obiettivi sono stati già raggiunti?
Il progetto è entrato nel suo secondo anno di attività e già abbiamo risultati importanti: ad esempio la realizzazione di tecnologie di biosensoristica che consentono di effettuare rilevazioni con una sensibilità migliaia di volte superiore a quanto esiste oggi in commercio. Ad esempio siamo riusciti a rivelare anche una singola molecola con una tecnologia di tipo ottico.
Quali sfide nel futuro?
In questo panorama c’è una grandissima varietà di metodologie, ognuna con la sue caratteristiche: alcune con una maggiore robustezza ma minore sensibilità, altre più costose e complicate ma più sensibili. Ad esempio, le tecnologie di tipo label free non hanno bisogno di marcatori specifici, con il vantaggio di rivelare le molecole direttamente in base alle loro proprietà peculiari, ma risultano meno sensibili rispetto ad altre tecnologie che possono utilizzare diverse tecniche di rivelazione, fluorescenza, scattering, conducibilità elettrica, ecc. Non esiste una soluzione unica, va trovata anche in base al tipo di patologia che prendiamo in esame. Per questo, realizzare dispositivi che integrino tutte le metodologie è una sfida di Nanomax particolarmente significativa. Nei prossimi due anni contiamo di validare queste tecnologie e sperimentare anche nuovi marcatori tumorali o di malattie neurodegenerative in collaborazione con i nostri partner medici, l’Ospedale Sacco di Milano e l’Istituto Nazionale dei Tumori.
Un'altra strada che stiamo percorrendo è quella di trovare nuove strategie per la rivelazione precoce di problemi infettivologici, come la sepsi, un’infezione generalizzata a tutto l’organismo. basti pensare che la principale causa di morte nei pazienti in terapia intensiva è proprio la sepsi. Dal momento in cui si manifesta, si hanno pochissime ore per agire ed è fondamentale avere strumenti di monitoraggio del paziente in tempo reale e con un’altissima sensibilità, in modo da diagnosticare molto presto la presenza dei batteri causa dell’infezione.
Il Laboratorio Europeo di Spettroscopia Non Lineari è un laboratorio universitario di ricerca a carattere nazionale ed internazionale istituito presso l’Università di Firenze. Nell’ambito di Human Brain Project, le immagini prodotte dal LENS saranno inviate per l’elaborazione al CINECA tramite un collegamento end-toend a 10 Gbps sulla rete GARR.
I risultati del progetto potranno avere risvolti in termini industriali?
L’obiettivo della nostra ricerca è studiare la fattibilità di una tecnologia che poi possa essere sviluppata come un prodotto commerciale. Ciò che intendiamo realizzare è un prototipo da laboratorio che possa essere la base di partenza per evoluzioni e sviluppi futuri con applicazioni di tipo industriale.
Avere a disposizione dei collegamenti a banda ultralarga è importante per il progetto? O lo sarà in futuro?
All’interno di un progetto con molti partner come Nanomax, avere dei collegamenti di rete ad alte prestazioni è molto importante e aiuta il lavoro dei ricercatori che, nel nostro caso, appartengono a diversi gruppi disciplinari molto eterogenei fra loro, perché lo scambio in tempo reale dei dati è fondamentale. Inoltre per quanto riguarda i dati di imaging è importante avere a disposizione collegamenti a banda ultralarga per trasferire tra vari partner immagini ottenute con PET o risonanza magnetica.
Il LENS è coinvolto anche in altri progetti che sfruttano le reti della ricerca ad alta capacità?
Sì. Nell’ambito della flagship europea Uman Brain Project, stiamo portando avanti un progetto con il CINECA per l’elaborazione e la visualizzazione dei dati del cervello per simularne il funzionamento grazie ad un supercomputer. Utilizzando un nuovo tomografo ottico messo a punto dal LENS, siamo riusciti ad effettuare una mappatura del cervello di un topo con una risoluzione mille volte superiore alle immagini di risonanza magnetica. Abbiamo cambiato la scala di riferimento, perché ora vediamo il singolo neurone. Quindi abbiamo a che fare con Big Data che necessitano di grandi repository e di condizioni di accesso sicuro e veloce. Proprio in questi giorni inoltre, insieme ad altri partner, abbiamo presentato una proposta congiunta di partecipazione italiana alla nuova infrastruttura europea Euro Bio-Imaging con l’idea di avere una piattaforma di imaging sia su sistemi in vitro che in vivo per lo studio di processi molecolari e cellulari. Questa infrastruttura di ricerca avrà necessariamente bisogno di una rete estremamente avanzata a livello europeo e internazionale perché la mole di dati da gestire sarà gigantesca anche perché le immagini avranno un dettaglio e una quantità di informazioni molto elevati. Anche questo progetto avrà a che fare con le nanotecnologie, in quanto si intende trasferire le informazioni del mondo nano a organismi viventi di volume macroscopico.
Per maggiori informazioni: https://www.lens.unifi.it/nanomax
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