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Qualità dell’aria e clima

Qualità dell’aria e clima: un approccio integrato e sostenibile è possibile?

| Maddalena Vario | Caffè scientifico

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Ecco la nuova strategia europea per vincere la sfida e raggiungere la neutralità climatica nel 2050

foto di Elisabetta Vignati

Elisabetta Vignati, Capo dell’Unità Air and Cimate del Joint Research Centre a Ispra

In che modo qualità dell’aria e clima sono legati tra di loro? C’è un trade-off?
Possiamo affrontare queste sfide in contemporanea? Ne abbiamo parlato con Elisabetta Vignati, Capo dell’Unità Air and Cimate del Joint Research Centre a Ispra (VA).

Quando parliamo di inquinanti atmosferici guardiamo a quelle sostanze che hanno un effetto sulla salute, sugli ecosistemi, sulla produzione del cibo: i principali sono polveri sottili o particolato atmosferico (PM), ossidi di azoto (NOx), e ozono superficiale. Le sorgenti principali degli inquinanti atmosferici utilizzano i combustibili fossili: trasporto, produzione di energia, riscaldamento domestico, industrie, ma anche l’agricoltura.

Ci sono azioni mirate a limitare l’impatto sul clima di alcune delle sorgenti di CO2, che hanno dato origine all’esacerbazione dell’inquinamento atmosferico

L’impatto dell’uomo sul cambiamento climatico si esercita invece attraverso l’immissione in atmosfera di quantità sempre crescenti di gas serra, tra cui CO2 e metano, dovuti prevalentemente all’uso di combustibili fossili (per la produzione di energia, il trasporto, l’industria) alle deforestazioni, all’allevamento intensivo di bestiame e al trattamento dei rifiuti, che vanno a sommarsi alle stesse sostanze presenti naturalmente nella nostra atmosfera.

Il fatto di avere origini comuni suggerisce che, agendo su queste sorgenti, si possa ottenere un immediato beneficio per tutti e due, sia che si intervenga con azioni mirate a migliorare la qualità dell’aria, sia con azioni destinate a diminuire per esempio l’uso dei combustibili fossili, abbassando di conseguenza le emissioni di gas serra. Tuttavia, ci sono anche azioni mirate a limitare l’impatto sul clima di alcune delle sorgenti di CO2 che hanno dato origine all’esacerbazione dell’inquinamento atmosferico. Esempi sono le automobili diesel che hanno minori emissioni di CO2 ma sprigionano più alte concentrazioni di particolato atmosferico e di NOx, e la combustione della legna per uso domestico che è causa di aumento di emissioni di particolato atmosferico e di altri inquinanti cancerogeni.

L’inquinamento atmosferico e il riscaldamento climatico hanno altre cose in comune, oltre alle sorgenti, a partire da alcune sostanze che non solo inquinano l’aria ma, assorbendo o riflettendo la radiazione solare, hanno un potenziale impatto sul clima. Fra questi, sia l’ozono che il black carbon (una componente del particolato atmosferico) contribuiscono al riscaldamento climatico. Altre componenti del particolato, invece, hanno un effetto opposto e contribuiscono al raffreddamento dell’atmosfera. Inoltre il metano, oltre ad essere un gas serra, è uno dei principali precursori dell’ozono. È importante che le due politiche siano integrate per evitare reciproci effetti negativi.

È importante sottolineare che, nonostante i grandi progressi, la lotta all’inquinamento atmosferico in Europa non è ancora vinta

Cosa è stato fatto sino ad oggi dall’UE e dove si intende andare?

L’Europa ha cominciato a sviluppare le sue politiche ambientali a partire dagli anni ‘70 quando il Consiglio europeo istituì il suo primo programma ambientale adottando la prima Direttiva sulla qualità dell’aria, con lo scopo di prendere misure contro l’inquinamento atmosferico dovuto ai veicoli a motore. Da allora la politica europea per la qualità dell’aria si è sviluppata attraverso azioni mirate a limitare le emissioni degli inquinanti, sia a livello nazionale che per sorgenti specifiche (gli Euro standards sono un esempio) e a porre un tetto alle concentrazioni che le sostanze hanno nell’aria. La politica europea si è affiancata naturalmente alle convenzioni internazionali, perché l’inquinamento atmosferico viene influenzato anche da sorgenti molto lontane. I piani per mitigare l’inquinamento atmosferico sono stati applicati su scala nazionale e locale attraverso tutta l’Europa.

Il risultato è un evidente miglioramento della qualità dell’aria in tutta l’Unione europea. A Ispra gestiamo l’European Commission Atmospheric Observatory dove misuriamo parametri atmosferici da oltre 35 anni. In questo periodo la maggior parte degli inquinanti è diminuita, per esempio le concentrazioni di polveri sottili si sono ridotti di un fattore 3 e quelli di biossido di azoto (NO2) di un fattore 2. Questi miglioramenti sono coerenti con l’andamento europeo. È importante sottolineare che la lotta all’inquinamento atmosferico in Europa non è ancora vinta nonostante i grandi progressi. La situazione rimane grave particolarmente nelle zone urbane, dove vive la maggior parte dei cittadini, ed alcuni gruppi come gli anziani, i bambini, i malati, i meno abbienti possono essere più esposti ai suoi effetti. Ogni anno infatti l’Unione europea conta circa 400.000 morti premature e più di 6 milioni di persone si ammalano per malattie associate all’inquinamento dell’aria.

Nel 1990 i cambiamenti climatici furono discussi dal Consiglio europeo, che chiese con urgenza di definire strategie e obiettivi per limitare le emissioni di gas serra. Prima della fine di quell’anno i leader europei si accordarono per limitare le emissioni di gas serra dell’allora Comunità europea e non superare nel 2000 i livelli del 1990. Passando anche attraverso la firma degli accordi internazionali (protocollo di Kyoto, accordo di Parigi) l’Europa è stata all’avanguardia nelle politiche per combattere i cambiamenti climatici, accompagnando i suoi obiettivi, legati alla diminuzione delle emissioni di gas serra, al miglioramento dell’efficienza energetica e all’aumento dell’uso delle energie rinnovabili. Nel 2008 venne adottato nel quadro europeo il pacchetto clima/energia che fissò obiettivi per il 2020 rispetto al 1990. Nonostante le emissioni globali di gas serra continuino a crescere, l’Europa è riuscita a diminuire le sue emissioni riducendole di più del 20% rispetto ai valori del 1990 (dati 2019). Un secondo pacchetto, in cui la riduzione delle emissioni viene innalzata al 40%, è stato adottato con l’orizzonte temporale del 2030.

Le tecnologie innovative avranno un ruolo fondamentale per raggiungere obiettivi così ambiziosi e la digitalizzazione con le sue infrastrutture e l’intelligenza artificiale saranno fondamentali

La nuova strategia europea per affrontare in maniera integrata le due politiche è contenuta nella Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo nota come The European Green Deal del 2019, che ha come scopo di trasformare l’Unione europea in vari suoi aspetti sociali, economici e tecnologici raggiungendo l’obiettivo della neutralità climatica nel 2050. Questo traguardo implica che le emissioni nette di gas serra nell’Unione europea, bilancio fra le sue emissioni e i suoi pozzi (ovvero le attività dove non ci sono emissioni bensì sottrazione dei gas dall’atmosfera) siano zero. Per attuare questo piano l’UE ha programmato un traguardo climatico ambizioso per il 2030 con l’obiettivo di diminuire del 55% le sue emissioni di gas serra rispetto al 1990. Il risultato avrà un diretto impatto sulla qualità dell’aria, riducendo le emissioni di inquinanti atmosferici del 60% entro il 2030.

Come ci possono aiutare le tecnologie?

Le tecnologie innovative avranno un ruolo fondamentale per raggiungere obiettivi così ambiziosi e la digitalizzazione con le sue infrastrutture e l’intelligenza artificiale saranno fondamentali.

foto del JRC

foto del JRC

foto del JRC

JOINT RESEARCH CENTRE

Il Joint Research Centre (JRC) è una Direzione Generale della Commissione Europea che contribuisce alle politiche europee fornendo evidenze scientifiche indipendenti.
La sua ricerca si focalizza sulle particolari sfide della società, vale a dire la salute, i cambiamenti demografici e il benessere della popolazione; la sicurezza alimentare; l’agricoltura e le foreste sostenibili; la ricerca marina, marittima e sulle acque interne; la bioeconomia; l’energia sicura, pulita ed efficiente; il trasporto intelligente, verde ed integrato; la lotta ai cambiamenti climatici, l’ambiente, l’efficiente uso delle risorse e le materie prime.
Si occupa anche di migliorare la sicurezza nucleare; accrescere l’eccellenza nella ricerca di base in campo nucleare per la standardizzazione; ma anche di favorire la gestione della conoscenza, l’educazione e la formazione.

Collegato alla rete GARR con un doppio anello di fibra ottica 100 Gbps ready lungo complessivamente 250 km con apparati trasmissivi “carrier class” operati direttamente da GARR, può contare su un’elevata protezione dai guasti. Molte delle attività di JRC sono infatti basate sulla necessità di scaricare informazioni dalla rete come dati e immagini, rielaborarli e metterli di nuovo in rete corredati da nuova informazione, spesso in tempo reale.

Il trasporto contribuisce ad un quarto delle emissioni di gas serra nell’Unione e per raggiungere gli obiettivi del Green Deal è necessario ridurre del 90% le emissioni del trasporto per il 2050. Una gestione intelligente della mobilità renderà la sua organizzazione più efficiente e questo implica un aumento della digitalizzazione, degli standard di interoperabilità e di condivisione dei dati che aiuterebbero a diminuire la congestione del traffico.

La nuova strategia europea è contenuta nella Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo nota come “The European Green Deal” del 2019, che ha come scopo di trasformare l’Unione europea in vari suoi aspetti sociali, economici e tecnologici raggiungendo l’obiettivo della neutralità climatica nel 2050

I veicoli a basse o zero emissioni sono uno dei cardini della politica nel settore del trasporto, e l’elettricità verde è un mezzo efficace per decarbonizzare il trasporto privato e il trasporto pubblico. Tuttavia con le presenti tecnologie, l’elettrificazione non è una soluzione adeguata per tutti i tipi di trasporto, non lo è infatti per l’aviazione o per il trasporto marittimo di lunga distanza. Il trasporto pesante su strada potrebbe invece beneficiare di tecnologie a base di idrogeno quando saranno disponibili. L’idrogeno è infatti una parte integrante della strategia verso la neutralità climatica, che può venire a sostegno di altri settori difficili da decarbonizzare come l’industria pesante, per la produzione di acciaio e nei settori chimici. L’idrogeno ha vari usi, non solo come combustibile, ma anche come vettore o accumulatore di energia e come materia prima. Ha il vantaggio di non emettere né CO2 né inquinanti atmosferici con il suo uso. Tuttavia sarà necessario produrlo utilizzando energie rinnovabili o a bassa emissione di carbonio per essere davvero una tecnologia pulita e una mappa per gli investimenti necessari è contenuta nella strategia europea per l’idrogeno. Anche il settore energetico beneficerà di una trasformazione, attraverso sistemi intelligenti, interconnettività, stoccaggio energetico su larga scala e una gestione anche in questo caso digitalizzata.

L’agricoltura è un settore molto importante per la lotta ai cambiamenti climatici e per l’inquinamento atmosferico e anche qui l’avvento di tecnologie di precisione e di digitalizzazione aiuterà a raggiungere l’obiettivo insieme alle azioni per l’ottimizzazione dell’uso di fertilizzanti e di prodotti fitosanitari. L’edilizia vedrà ulteriori sforzi verso maggiori fonti rinnovabili per il riscaldamento e verso sistemi intelligenti per la gestione degli edifici stessi e degli elettrodomestici; questi, insieme a migliori materiali isolanti, incrementeranno l’efficienza energetica. Infine le emissioni che saranno difficili da azzerare entro il 2050 dovranno essere sottratte all’atmosfera; uno dei potenziali metodi è dato dai processi di cattura e sequestro del carbonio, ma per arrivare a questo traguardo un impegno maggiore per l’innovazione e la ricerca è ancora necessario.

foto del JRC

JRC e la sua rete di ricerca nazionale

a cura di Matteo Fornara, Unità Relazioni Internazionali e Istituzionali JRC

Le collaborazioni tra il JRC e i partner scientifici, accademici o i responsabili politici in Italia sono diverse, anche grazie alla presenza sul territorio nazionale del principale sito scientifico a Ispra, vicino al lago Maggiore in provincia di Varese, dove operano quasi 2.000 persone delle quali due terzi sono ricercatori che si appoggiano su oltre 40 grandi infrastrutture di ricerca.
Il JRC ha in essere accordi di collaborazione con ENEA, ISPRA, il Dipartimento per la Protezione civile della Presidenza del Consiglio e il MiSE, che operano in diversi settori secondo le competenze dei partners.

Accordi quadro sono in vigore con diverse regioni italiane, tra cui la Lombardia, anche per ragioni di contiguità territoriale con Ispra, il Piemonte, la Toscana e il Friuli Venezia Giulia. Per dare un esempio l’accordo con la Regione Lombardia copre aree quali l’intelligenza artificiale, ma opera anche attraverso collaborazioni legate ai dati sulla mobilità e il contagio della pandemia di Covid-19.

ARPA Lombardia condivide alcune infrastrutture scientifiche presso il laboratorio atmosferico di competenza dell’unità di Elisabetta Vignati.
L’accordo con la Regione Toscana promuove le collaborazioni con il sistema universitario regionale, e in particolare con il polo di Pisa.
Altri accordi sono in corso con il Comune di Milano e collaborazioni con Genova, Varese e altre città.

A livello di atenei, collaborazioni esistono con tutte le principali università milanesi (Statale, Bocconi, Politecnico, Bicocca), il Politecnico di Torino, l’Università di Bologna e la Carlo Cattaneo di Castellanza.
Molti sono i contatti e le collaborazioni a livello locale con i comuni limitrofi al Sito di Ispra. Il JRC condivide la caserma dei Vigili del Fuoco con le autorità locali, che serve sia il sito, sia il territorio circostante. Inoltre collaborazioni esistono con altri partners scientifici, in particolare alcuni che gravitano sulla città di Milano quali MIND (Milan Innovation District) o il Dipartimento di Bioscienze della Prof.ssa Elena Cattaneo dell’Università di Milano.
Nel 2015 il JRC coordinò la partecipazione dell’Unione europea a Expo Milano organizzandone il Padiglione europeo.

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