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Il futuro del passato
| Diana Cresti | Internazionale
Con E-RIHS parte l'infrastruttura di ricerca più multidisciplinare d'Europa che studierà le scienze del patrimonio. E l'Italia ne è al comando.
La scienza del patrimonio (Heritage Science) è un dominio altamente multidisciplinare che coinvolge ricercatori provenienti da saperi diversi come l’archeologia, la storia dell’arte, la chimica, la fisica, l’antropologia, l’informatica, impegnati nella ricerca di metodi, materiali e tecnologie per lo studio e la salvaguardia del patrimonio culturale e naturale. Ora questa comunità avrà un’infrastruttura di ricerca europea distribuita con E-RIHS, una delle recentissime novità nella Roadmap ESFRI.
Luca Pezzati
CNR - INO Istituto Nazionale di Ottica
Coordinatore E-RIHS
Coordinata dall’Italia, E-RIHS coinvolge centri di ricerca, università ed i maggiori musei d’Europa, laboratori e risorse strumentali fisse e mobili altamente avanzati, archivi fisici e digitali all’avanguardia. Abbiamo parlato con il coordinatore, Luca Pezzati del CNR.
Dott. Pezzati ci parli dell’infrastruttura e della vostra inclusione nella roadmap ESFRI.
E-RIHS è entrata nella roadmap in marzo del 2016. La nostra peculiarità è che stiamo realizzando l’infrastruttura e contemporaneamente stiamo definendo il dominio scientifico. Fino a qualche tempo fa si parlava di Conservation Science, una disciplina in cui la scienza era subordinata all’arte. Adesso invece si usa il termine Heritage Science per indicare che tutti gli attori fanno parte di un’area scientifica multidisciplinare e inclusiva. Vogliamo mettere a disposizione un portfolio di servizi condivisi a livello europeo e in prospettiva globale per tutti i ricercatori del settore. Avremo 4 piattaforme di accesso, di cui 3 sono già ben consolidate perché ereditate da un’attività precedente, il progetto IPERION-CH. Queste sono: MOLAB, un pool di strumenti che si possono portare in situ dove c’è l’opera d’arte o il sito archeologico; FIXLAB, una piattaforma di accesso ai laboratori; e infine ARCHLAB che consente di recarsi fisicamente negli archivi di conservazione presso importanti musei europei e università.
Il quarto servizio che stiamo sviluppando si chiama DIGILAB e consente l’accesso ai dataset scientifici sul patrimonio culturale. Questi dati normalmente non sono open, essendo tradizionalmente ritenuti proprietà del possessore del bene e coperti da vari tipi di riservatezze. A livello politico non ci sono grossi ostacoli per rendere open questi dati, la sfida principale è a livello di comunità.
Com’è l’esperienza di capofila dell’unica infrastruttura ESFRI coordinata dall’Italia?
È una grossa responsabilità. L’idea che l’Italia debba coordinare una infrastruttura per il patrimonio culturale potrebbe sembrare ovvia, ma nella pratica non è stato così. Il successo attuale è anche dovuto a un solidissimo impegno da parte di ministeri e sponsor privati, che ci ha consentito di formulare una proposta di hub centrale che poche infrastrutture possono permettersi. Abbiamo proposto Firenze come sede centrale, nello specifico un ex convento del 1300; è una location molto bella di 5000 metri quadri, da cui potremo operare a contatto con l’Opificio delle Pietre Dure, potenzialmente creando uno dei centri di ricerca per la Heritage Science più importanti del mondo. La sfida che abbiamo davanti ora riguarda anche l’aspetto amministrativo, la governance, gli uffici vari, il supporto legale, la comunicazione, anche se la voglia sarebbe di lavorare di più a livello scientifico.
Che rapporti avete con le altre ESFRI, per esempio con DARIAH?
Io sono stato coordinatore di DARIAH Italia per gli ultimi 5 anni, quindi la relazione tra E-RIHS e DARIAH è garantita in maniera naturale. DARIAH ci ha aiutato a costruire il progetto e ci sta assistendo con la parte digitale; per esempio nel progetto IPERIONCH il data management plan è a cura di DARIAH. Anche nella fase preparatoria che parte tra un mese abbiamo rappresentanti da due ERIC di cui uno è DARIAH, cha ha competenza per la parte digitale, e l’altro è CERIC-ERIC, l’infrastruttura per le large scale facility che ha sede a Trieste.
A livello tecnico quali sono i vostri obiettivi più importanti?
I due punti principali della nostra mission sono: realizzare un sistema comune di protocolli di misura (per la diagnostica strumentale) con un approccio scientifico comune che consenta di produrre misure immediatamente fruibili e comparabili, interoperabili quindi in senso scientifico e creare una piattaforma comune digitale, fatta non solo di dati in formati omogenei, interoperabili e aperti, ma anche di strumenti digitali comuni.
Per noi questa è una grande sfida: per esempio, in archeologia credo che ci siano più applicazioni di settore che archeologi. Dobbiamo quindi cercare di raggiungere un accordo tra i partner per questo tipo di standardizzazione e cominciare a convergere di fatto.
ABBIAMO PROPOSTO DI REALIZZARE L'HUB CENTRALE A FIRENZE E POTRÀ DIVENTARE UNO DEI CENTRI DI RICERCA PER LA HERITAGE SCIENCE PIÙ IMPORTANTI AL MONDO
In prospettiva questo sarà anche un potente driver industriale perché chi produce strumenti e servizi per il settore dovrà confrontarsi con il nuovo sistema armonizzato e scegliere se adeguarsi oppure restare escluso. Il lavoro di standardizzazione potrebbe essere abbastanza facile per alcune aree dove c’è un basso livello di alfabetizzazione digitale; tuttavia abbiamo anche comunità con sistemi già strutturati, come i fisici e i chimici. Dobbiamo cercare di convergere verso un linguaggio comune relativamente semplice, senza il quale non si potrà operare un servizio generalizzato.
Come vedete il rapporto con GARR, cosa vi aspettate da questo rapporto?
La collaborazione con il GARR è un aspetto molto importante. Il fatto che dobbiamo creare l’hub centrale in Italia inevitabilmente coinvolgerà il GARR. In Italia abbiamo un contesto particolare, fatto non solo di grandi università e centri di ricerca che sono già ben connessi, ma anche di un grande numero di musei e laboratori del Ministero dei beni culturali che dovranno eventualmente connettersi, perché naturalmente uno dei servizi di base della nostra infrastruttura è la connettività a livello europeo. Come hub potremmo anche aver bisogno di velocità e strumenti particolari, quindi si può pensare alla co-creazione di servizi personalizzati. Anche le tecnologie di accesso federato sono già oggetto di discussione nei nostri gruppi, in particolare nel gruppo di PARTHENOS; altrove abbiamo anche discusso l’uso che vorremmo fare dei persistent identifiers.
Quali sono i prossimi passi per ERIHS?
Sono 15 i Paesi europei coinvolti nel progetto E-RIHS: Italia (coordinatore), Belgio, Cipro, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Israele, Polonia, Portogallo, Olanda, Regno Unito, Repubblica Ceca, Slovenia, Spagna, Ungheria
Le attività di preparazione iniziano ufficialmente il primo gennaio 2017, con una serie di riunioni anche coinvolgendo il progetto IPERION-CH. Inoltre stiamo costituendo un tavolo di rappresentanze ministeriali per poterci confrontare più agevolmente con le varie politiche nazionali in sede di creazione della nostra documentazione e delle policy. Ci siamo dati 24 mesi per preparare gli schemi di statuti e del business plan, per poter avere i Memorandum of Understanding da far firmare ai ministeri alla fine di questo periodo. Il 2019 dovrebbe essere un anno di transizione nel quale vorremmo sottomettere alla Commissione Europea la proposta per stabilire la ERIC. Se tutto va bene, vorremmo avere la fase d’implementazione (primi 5 anni di vita del consorzio) tra il 2021 e il 2025. Oltre a questo, ci piacerebbe avviare da subito alcune attività a livello europeo, perché nel 2019 finiscono le integrating activities dei nostri predecessori IPERIONCH e ARIADNE, e la relativa infrastruttura che sta già fornendo servizi sparirebbe dalla scena europea se non riusciamo a darle continuità.
Siamo consapevoli di essere l’infrastruttura di ricerca più multidisciplinare d’Europa, e questo può essere un punto di forza ma anche di debolezza, in quanto operiamo in un settore tradizionalmente povero di finanziamenti. Noi lavoriamo con dataset particolari che derivano da misure scientifiche, quindi non abbiamo le risorse che esistono, per esempio, per gestire i documenti scannerizzati. Inoltre c’è un elemento di dissimmetria, perché nonostante la nostra entrata nella Roadmap ESFRI, la Heritage Science non è inclusa in Horizon 2020. Ci auguriamo che questo cambi con il prossimo programma quadro, perché la situazione attuale influenza le strategie nazionali in Europa creando per noi un problema di sostenibilità.
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