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Quantum technology: il futuro passa da qui
| Federica Tanlongo | Internazionale
Un gruppo di esperti per preparare la nuova iniziativa bandiera della Commissione Europea sulle tecnologie quantistiche. Ecco a che punto siamo
Nel 2018 la Commissione Europea varerà la Quantum Technology flagship, che mira a tradurre l’eccellenza scientifica europea nel campo delle tecnologie quantistiche in concreti benefici economici e sociali.
Un gruppo di esperti provenienti da tutta Europa è stato nominato per proporre un’agenda strategica per l’iniziativa e uno di loro, l’italiano Tommaso Calarco, direttore del Centro per le Tecnologie Quantistiche Integrate (IQST) dell’Università di Ulm e Stoccarda, ha acconsentito a raccontarci cosa sta succedendo in questo settore che sembra quasi fantascienza.
Che genere di lavoro state facendo all’interno del gruppo di esperti?
La Commissione Europea ci ha affidato il mandato di proporre tre elementi per lo sviluppo dell’iniziativa: raccomandazioni strategiche, modelli organizzativi e modelli di governo. Per le raccomandazioni abbiamo come punto di partenza la roadmap europea per le tecnologie quantistiche recentemente aggiornata. A livello organizzativo stiamo proponendo un modello significativamente diverso dalle flagship esistenti, strutturate come progetti attorno ad un consorzio centrale prestabilito, un’impostazione poco flessibile e scarsamente permeabile alle indicazioni della comunità scientifica. Noi vogliamo invece una struttura aperta, organizzata attorno a bandi, che permetta in ogni fase di attingere al meglio dell’eccellenza scientifica e industriale.
Tommaso Calarco
Università di Ulm
Direttore del centro IQST, Membro dell'Expert Group su Quantum Technology Flagship,
Membro Comitato CNR per il programma quantistico italiano.
Anche a livello decisionale, la parola chiave è apertura e noi stessi siamo partiti dalla consultazione degli stakeholder Puntiamo ad una grande associazione europea per le tecnologie quantistiche, ma con un comitato strategico forte, in grado di dare indicazioni chiare sulle direzioni principali della ricerca e sulle priorità, orientare i bandi ed evitare finanziamenti a pioggia. Il controllo strategico è anche fondamentale per evitare che la flagship sia ostaggio di gruppi di interesse. A tale scopo è appena partito un progetto ERAnet che coinvolge i governi di ben 26 Paesi e permetterà di mantenere un dialogo forte con gli Stati Membri.
È IMPOSSIBILE SVILUPPARE LE VARIE TECNOLOGIE QUANTISTICHE CON UN APPROCCIO "A SILOS", PERCHÉ LA STESSA METODOLOGIA SI APPLICA A CAMPI APPLICATIVI DIVERSISSIMI
A che punto siete?
La prima riunione del panel si è svolta in settembre ma stiamo lavorando a ritmo serrato. Contiamo di presentare una prima bozza dell’agenda strategica entro primavera e una versione consolidata in estate. Il processo è molto trasparente ed è possibile seguirlo su www.qurope.eu, che pubblica i verbali delle riunioni.
L’etichetta “Quantum Technology” comprende tecnologie e applicazioni diversissime e a vari livelli di maturità. Qual è il vantaggio di affrontarne lo sviluppo in modo centralizzato?
Non è solo una questione di vantaggi, ma di una vera impossibilità a seguire le linee applicative con un approccio “a silos”. In questo settore non esiste un’unica piattaforma per un’unica applicazione, ma metodologie simili (ad esempio la manipolazione degli ioni intrappolati) si applicano in campi diversissimi, che hanno quindi in comune lo strato di scienza abilitante e la base ingegneristica. Non tenerne conto porterebbe a duplicazioni inaccettabili in termini di efficienza.
Recentemente, l’Italia ha supportato con 258 sottoscrittori tra scienza, industria e istituzioni il Quantum Manifesto. Un numero alto, ma lontano dai 644 tedeschi o dai 442 francesi. Come lo spiega?
Questa differenza riflette la necessità di aumentare la massa critica a livello italiano: nonostante i fondi molto limitati per questo settore, infatti, l’Italia ha una produttività scientifica impressionante, comparabile a Francia e Germania che hanno finanziamenti dedicati, e riesce a produrre molti tra i migliori dottori di ricerca, ma purtroppo la scarsità di finanziamenti limita il numero di addetti ai lavori. La precedente ministra Giannini aveva indicato chiaramente di voler attivare una linea di finanziamento per le tecnologie quantistiche e dato mandato al CNR per elaborare un piano nazionale e si spera che l’attuale crisi di governo non pregiudichi questa apertura: non siamo ancora in ritardo e possiamo contare su cervelli eccellenti, ma serve investire adesso per non perdere questo treno.
A livello internazionale, chi è più avanti sotto questo aspetto?
In Germania è già stato annunciato un programma decennale da circa 300 milioni di Euro, ma chi sta investendo di più sono Cina e Stati Uniti. La Cina ha lanciato un piano che vale quattro volte la flagship europea e il presidente Xi Jinping è personalmente intervenuto incitando i colleghi cinesi a investire ora per raggiungere il primato. Negli States, IBM, Microsoft, Intel e Google stanno puntando moltissimo sul calcolo quantistico e intendono realizzarlo nei prossimi anni. A Google parlano del supremacy chip, il primo chip quantistico che realizzerà calcoli ineguagliati, come qualcosa da produrre in un paio d’anni! In Europa noi non possiamo mettere in campo risorse comparabili con le loro, ma abbiamo l’eccellenza scientifica e la disponibilità del settore pubblico ad investire su cui costruire
La flagship ha tempi di realizzazione lunghi e incerti. Come è possibile governarne l’evoluzione?
È la domanda centrale anche per la Commissione, ma ha una risposta differente a seconda dei campi di ricerca. La simulazione quantistica è ancora lontana dal mercato, mentre altri settori come la sensoristica o la diagnostica medica sono più maturi e le comunicazioni sono già a livello di applicazione industriale. Un esempio in Europa è ID Quantique, spin-off dell’Università di Ginevra che vende soluzioni di crittografia quantistica già adottate dalle banche svizzere. La cinese QuantumCTek con oltre 500 dipendenti assembla oggi i dispositivi di comunicazione quantistica del futuro. Il governo cinese sta stimolando il mercato attraverso la domanda del settore pubblico e ha già equipaggiato 2.000 km di dorsale in fibra ottica tra Pechino e Shanghai con nodi quantistici. La tentazione potrebbe essere concentrarsi sui settori più maturi, ma alcune innovazioni di lungo periodo, come il calcolo quantistico, hanno un potenziale enorenorme: così bisogna puntare ad avere sia l’uovo che la gallina, ma ciò è possibile solo con una programmazione comune.
Quando ci si aspetta di cominciare a vedere le ricadute di queste tecnologie sull’economia europea?
Nei settori più maturi, come la comunicazione quantistica, i frutti commerciali sono già presenti, ma è importante creare un ambiente in cui li si possa cogliere. Ad esempio, uno spin-off dell’università di Camerino ha fatto un percorso analogo a ID Quantique, ma sta avendo problemi perché qui il mercato non è ancora pronto. Una spinta importante l’ha data INRIM sotto la presidenza di Inguscio, cominciando a realizzare sulla direttrice Novara- Torino il primo nucleo di una dorsale quantistica nazionale, che potrebbe estendersi fino al Sud e verso altri Paesi e, come per la Cina, contribuire a stimolare il mercato. Per altri settori come il calcolo i primi risultati arriveranno verso la fine della flagship.
Reti e calcolo sono tra le tecnologie quantistiche più promettenti. Ci può brevemente spiegare di cosa si tratta?
Entrambe le applicazioni si basano sulla manipolazione di singoli atomi o loro parti. A livello quantistico abbiamo a disposizione nuovi strati sovrapposti per rappresentare l’informazione – non solo 0 e 1, ma tutte le combinazioni tra 0 e 1. Con molti bit quantistici si può quindi rappresentare tutti gli stati possibili di un sistema, individuando poi lo stato che interessa. Ciò si traduce, a livello di calcolo, nel poter far girare una volta sola il calcolatore per eseguire un’elaborazione e, a livello di comunicazione, nel trasmettere un quanto alla volta, senza possibilità di intercettazione, invece che usare milioni di fotoni per codificare l’informazione.
Quali cambiamenti porterà l’avvento delle comunicazioni quantistiche?
Ad essere rivoluzionati saranno in primo luogo gli aspetti legati alla cybersecurity: confidenzialità dei dati, crittografia, autenticazione di utenti e transazioni, sicurezza intrinseca per applicazioni come domotica e IoT. Ci si può aspettare anche altri miglioramenti, ad esempio in termini di velocità, ma al momento non è possibile fare affermazioni scientifiche serie su di essi.
Come cambierà il calcolo scientifico con l’arrivo dei calcolatori quantistici?
Il cambiamento sarà così netto da andare oltre l’aspetto quantitativo: non si tratta di calcolare più velocemente ma di fare cose che oggi ci sono precluse perché richiederebbero tempi di calcolo pari all’età dell’universo. Applicazioni tipiche si avranno nelle scienze dei materiali: ad esempio con la possibilità di studiare e riprodurre materiali oggi al di là delle nostre forze, come i superconduttori ad alta temperatura. Un altro settore è quello dei processi chimici molecolari: oggi non siamo in grado di simulare accuratamente nemmeno i più semplici, ma poterlo fare accelererebbe enormemente l’innovazione in settori disparati, dallo studio di nuovi fertilizzanti fino a quello dei farmaci.
Tutto ciò sarà in mano a giganti come Google, o c’è spazio per sviluppare un’infrastruttura per il calcolo quantistico guidata dalla comunità scientifica europea?
È la domanda da un miliardo di euro e uno dei motivi per raccogliere la sfida della flagship. Abbiamo una fondata speranza di farcela, ma se riusciremo o no a sviluppare un’infrastruttura indipendente lo scopriremo a fine iniziativa.
QUANTUM COSTA?
Già oggi i server sicuri quantistici hanno costi comparabili a quelli tradizionali. Per la sensoristica, un leader come Bosch, con un mercato di alcuni miliardi nel campo dei sensori per smart device, sta lavorando per avere costi analoghi agli attuali – meno di 1 euro al pezzo. Nella sensoristica medica il costo dei singoli elementi è più elevato ma vi sarebbe la possibilità di aggiungere funzionalità quantistiche ad esempio a un apparecchio per la risonanza magnetica senza modificarne significativamente il costo. Nella crittografia, poi, i costi potrebbero anche scendere. Oggi un generatore di numeri casuali costa intorno ai 900 euro, ma la possibilità di produrlo in un unico chip farebbe risparmiare. Naturalmente in tutti questi esempi conta molto anche la possibilità di avere economie di scala.
Il calcolo è un discorso a sé: come consumatori non compreremo il calcolatore quantistico, visto che sempre di più la capacità di calcolo non risiede sul dispositivo ma nella cloud e così nemmeno ci accorgeremo del passaggio, che avverrà dentro i grandi data centre.
qurope.eu
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