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I pilastri della scienza aperta
Il progetto EOSC-Pillar ha realizzato un’indagine su come stanno evolvendo le iniziative nazionali per la partecipazione ad EOSC in Italia, Francia, Germania, Austria e Belgio. Ecco alcuni dei risultati.
Per andare da qualche parte, la prima cosa da sapere è il tuo punto di partenza: questa è la filosofia che abbiamo adottato in EOSC-Pillar per quanto riguarda il nostro lavoro di supporto alle Iniziative Nazionali per l’Open Science in Italia, Francia, Germania, Austria e Belgio. Perciò il primo passo del progetto è stato raccogliere informazioni sullo stato dell’arte in questi Paesi in modo da avere dati di qualità e davvero rappresentativi. Abbiamo quindi disegnato un survey che fosse in grado di rispondere alle nostre domande su come creare delle iniziative in grado di garantire la sostenibilità e la ampia diffusione della scienza aperta e basata sui dati a livello dei singoli Paesi e contribuire al successo della European Open Science Cloud (EOSC). Molti sono gli aspetti da considerare davanti a un obiettivo così complesso: le politiche nazionali, i servizi disponibili, le loro fonti di finanziamento e i modelli di business, l’accessibilità dei servizi a livello internazionale, incluse le barriere legate alla normativa, alla privacy, alle licenze e alla tecnologia.
Lo studio ha coinvolto 4 tipologie di partecipanti: finanziatori, Infrastrutture di Ricerca, università e infrastrutture digitali
Uno sguardo sull’Europa
Il survey è stato coordinato dagli esperti di Scienze Sociali
dell’Università di Vienna, e ha coinvolto circa 2.200
istituzioni nei 5 Paesi coinvolti nel progetto. Hanno
completato il questionario online 688 organizzazioni,
per un tasso di risposta di oltre il 30%. Si tratta del survey
più esteso nel suo genere realizzato in quest’ambito,
ma questo non è l’unico elemento di novità che abbiamo
introdotto.
Nello spirito della scienza aperta, i questionari, la
metodologia e i materiali sono stati resi disponibili con
licenza CC-by anche agli altri progetti regionali finanziati nella stessa call di EOSC-Pillar. Tra le varie licenze
Creative Commons, la CC-by è considerata la più aperta,
in quanto pone l’attribuzione come unica condizione
all’utilizzo dei materiali condivisi. Questo ha permesso
agli altri progetti di riusare o adattare i questionari,
estendendo l’indagine ben oltre i 5 Paesi EOSC-Pillar, e
precisamente ai Balcani, alle regioni baltica e scandinava,
alla penisola iberica e al Regno Unito.
Nell’ambito della collaborazione con il progetto EOSCsecretariat.eu, si sta lavorando a mettere insieme i risultati dei diversi survey regionali per poter ottenere un’istantanea della situazione a livello europeo che, grazie anche alla nostra iniziativa, confluirà nel report finale del Working Group “Landscape” del direttivo di EOSC.
Diversi interlocutori
Lo studio ha coinvolto 4 tipologie di partecipanti: finanziatori, Infrastrutture di Ricerca, università e infrastrutture digitali, rivolgendosi non a singoli ricercatori ma ai responsabili delle strutture, in modo da ottenere risposte altamente rappresentative. Il report finale, pubblicato a fine giugno, contiene molte informazioni che saranno utili sia per sviluppare la strategia di lavoro del progetto, sia per supportare l’attività degli organi direttivi di EOSC, sia, soprattutto, quelle delle iniziative nazionali. Qui vogliamo condividere con voi alcuni highlights.
A che punto siamo con la FAIRness?
113 rappresentanti di atenei nei 5 Paesi (delegati dei Rettori o equivalenti) hanno risposto nell’ambito del survey a domande sulla familiarità con EOSC e FAIR data: quello che emerge è che mentre il concetto di FAIR sembra essere ormai assodato in questo settore, EOSC sembra ancora un mondo lontano per le nostre università: se il 65% degli intervistati dichiara una buona familiarità con il primo, la percentuale scende al 30 per il secondo. Sicuramente questa per noi rappresenta un’indicazione importante dal punto di vista del coinvolgimento della comunità e del bisogno di formazione e informazione su questo tema.
Confrontando i vari Paesi, lo stato di realizzazione
dei principi FAIR e la presenza
di policy per favorirne l’adozione varia
parecchio.
Hanno risposto al survey 228 infrastrutture
di ricerca e 318 infrastrutture
digitali. Anche qui vediamo che il livello
di familiarità con FAIR è elevato (72%
per le infrastrutture di ricerca e 82% per
quelle digitali) mentre per EOSC la confidenza
scende, rispettivamente al 33%
e al 54%. Nonostante questo, la maggior
parte delle infrastrutture dimostra almeno
un livello base di consapevolezza di
EOSC, tanto da avere elevate aspettative
a riguardo. Spiccano in questo quadro le
infrastrutture digitali italiane e francesi,
che non solo vantano un buon livello di
familiarità, ma in molti casi già contribuiscono
a EOSC con i loro dati o servizi, o
contano di farlo a breve.
Le università sono importanti per la promozione della FAIRness, non solo come moltiplicatori di competenze, ma perché possono definire e mettere in pratica politiche e incentivi per facilitarne l’adozione. Per questo alcune delle domande loro rivolte riguardano questo aspetto. In media, quasi la metà delle università non hanno ancora stabilito regole in questo settore, il 30% hanno regole informali, il 28% hanno politiche scritte, meno della metà delle quali sono disponibili pubblicamente.
Il livello di familiarità con i principi FAIR tra le infrastutture digitali che hanno risposto all’indagine è risultato molto elevato (82%)
FAIR in pratica: i repository di dati
A tutte le organizzazioni che avevano indicato di gestire repository è stato chiesto quanto considerassero FAIR i propri dati, col risultato che il 44% li ritiene almeno parzialmente FAIR e il 23% molto. Il 12% è stato meno ottimista, rispondendo “non molto”, ma solo l’1% non li considera affatto FAIR.
La metà dei repository considerati realizza misure per garantire la presenza di informazioni sulla data provenance, cioè informazioni sull’origine e modalità di elaborazione dei dati, un aspetto molto importante perché oltre a contribuire alla riusabilità dei dati, garantisce la verificabilità e riproducibilità, rendendo possibile un controllo della loro qualità da parte della comunità scientifica. La situazione è meno rosea per quanto riguarda la long-term data preservation, una domanda che è stata posta alle università. Solo il 21% ha delle politiche scritte (pubbliche o meno) in questo senso, anche se a questo dato va aggiunto il fatto che un terzo delle università ha adottato politiche informali. Questo comunque lascia a circa il 50% la percentuale di organizzazioni che non hanno preso nessun tipo di provvedimento a riguardo, anche se ci sono notevoli differenze tra un Paese e l’altro.
Le università sono importanti per la promozione della FAIRness perché possono definire e mettere in pratica politiche e incentivi per facilitarne l’adozione
Infrastrutture accessibili
Uno dei risultati più interessanti riguarda l’accessibilità delle infrastrutture e i dataset esistenti: oltre il 60% dei fornitori di questi servizi hanno delle politiche pubbliche per la gestione degli accessi, e la metà di quelle che non le hanno ancora contano di pubblicarle nel breve periodo (entro 2 anni). Il 39% delle infrastrutture hanno affermato di non applicare restrizioni di accesso ai servizi sulla base dell’appartenenza a una organizzazione, a un gruppo di ricerca o di altri criteri. Questa percentuale sale al 48% in Italia e Germania ed è un’indicazione importante perché è una barriera in meno alla realizzazione di un ambiente scientifico veramente aperto. Le restrizioni, dove ci sono, sono prevalentemente legate all’appartenenza a una certa comunità di ricerca o all’approvazione dell’ente finanziatore o, in alcuni casi, a procedure competitive.
Come si vede da questo piccolo assaggio, l’indagine che abbiamo svolto copre un ampio numero di argomenti caldi, in relazione ai quali abbiamo voluto alimentare la discussione fornendo dati statisticamente rilevanti che possano aiutare a prendere decisioni informate a livello nazionale e europeo. Il report completo offre informazioni su molti altri aspetti, tra cui i domini scientifici più coinvolti, i business model, gli SLA, gli aspetti di data management, la certificazione di servizi, il loro utilizzo, le licenze e gli aspetti legali, nonché un certo numero di aspetti tecnici di primo piano, come quelli legati all’AAI. Se volete sapere come si sta evolvendo l’open science nel nostro Paese e in quelli vicini, non ci resta che invitarvi a sfogliarlo e, semmai vi restino delle domande, a richiedere l’accesso ai dati raccolti che, nemmeno a dirlo, sono open e FAIR.
Il livello di familiarità con i principi FAIR tra le infrastutture digitali che hanno risposto all’indagine è risultato molto elevato (82%)
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