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L’Africa della conoscenza
L’Africa della conoscenza

L’Africa della conoscenza

| Diana Cresti | internazionale
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Con AfricaConnect i ricercatori africani sono sempre più connessi con il resto del mondo e protagonisti nel panorama della scienza a livello globale

Con AfricaConnect arriva la componente intra-africana della dorsale di UbuntuNet e si rafforzano i legami tra ricercatori in tutto il continente, nonché le cooperazioni strategiche con l’Europa e il resto del mondo. Il progetto vede come protagonisti gli operatori delle reti di ricerca africane ed europee, coordinate rispettivamente dalla UbuntuNet Alliance e DANTE.

La nuova rete è stata inaugurata a novembre dell’anno scorso, in occasione degli incontri UbuntuNet CONNECT 2012 a Dar es Salaam e Africa-Europe Cooperation Forum on ICT 2012 a Lisbona. La rete gestita dalla UbuntuNet Alliance ha permesso già dal 2011 di connettere Kenya, Sudafrica, Sudan e Tanzania all’Europa tramite il cablaggio sottomarino SEACOM lungo la costa orientale del continente. Nel 2012 è stata attivata la prima connessione territoriale transnazionale a 155 Mbps tra il nuovo PoP a Lusaka in Zambia e l’hub di Mtunzini in Sudafrica (via Johannesburg). Grazie all’impeto dato dal progetto AfricaConnect, il lavoro per la realizzazione della nuova dorsale ha potenziato in maniera sostanziale la componente prettamente africana, coinvolgendo direttamente le NREN di Sudafrica, Mozambico, Tanzania, Kenya, Uganda e Rwanda, con due nuovi macroelementi:

  • anello ridondato sottomarino STM-4 (622 Mbps) che connette i PoP diNairobi (Kenya), Dar es Salaam (Tanzania), Maputo (Mozambico) e Mtunzini.
  • anello terrestre con capacità da 2xSTM-1 a STM-4 che connette i PoP di Nairobi, Kampala (Uganda), Kigali (Rwanda) e Dar es Salaam.
UBUNTUNETLa UbuntuNet Alliance è l’organismo di gestione della Rete sovra-nazionale dell’Istruzione e della Ricerca (Regional Research & Education Network) delle nazioni dell’Africa orientale e meridionale. l’Alleanza fu fondata verso la fine del 2005 dalle NREN nascenti in Kenya, Malawi, Mozambico, Rwanda e Sudafrica, con la missione di fornire alle Università e agli Istituti di Ricerca Africani connettività ad alte prestazioni dell’ordine di gigabit anzichè dei kilobit di allora. Oggi l’Alleanza conta 14 NREN aderenti come membri regolari più 6 in via di sviluppo, con una copertura geografica di praticamente tutta la vastissima area sud-orientale del continente. www.ubuntunet.net

La nuova rete ha già una base d’utenza di circa 40 milioni di utenti in 8,000 organizzazioni in Africa. Il potenziamento della connettività in queste nazioni va di pari passo con il rafforzamento delle relative NREN, che si stanno impegnando a stabilizzare le proprie risorse anche dal punto di vista del personale specializzato. Con la partecipazione dell’Associazione delle Università Africane (AAU), il progetto si prefigge infatti di creare nuove figure professionali per la creazione e lo sviluppo di capacità digitali. Al progetto AfricaConnect partecipa inoltre l’organizzazione WACREN, la rete sovra-nazionale di ricerca nell’Africa centrale e occidentale, che nel febbraio di quest’anno ha siglato un accordo formale di collaborazione con UbuntuNet. Questo nuovo accordo permetterà una condivisione di conoscenze scientifiche e tecnologiche ancora più vasta rispetto alla pur impressionante copertura di UbuntuNet. Sotto la guida di UbuntuNet, un numero sempre maggiore di utenti potrà inoltre usufruire dei servizi della Grid africana, che si è arricchita di un importante punto di coordinamento operativo dei siti africani di calcolo ad alte prestazioni: l’Africa-Arabia Regional Operations Centre, creato durante il progetto EUMEDGRID-Support con la partecipazione di GARR ed il contributo dell’infrastruttura Grid Sudafricana (SAGrid) e poi sostenuto ed arricchito nei progetti CHAIN e CHAIN-REDS, coordinati da INFN e a cui UbuntuNet ha partecipato insieme a vari partner europei e internazionali. Il portale supporta sia utenti che amministratori di risorse di calcolo della infrstruttura di Grid dei paesi arabi ed africani e fornisce un punto di partenza per coloro che vogliono sviluppare simili iniziative nei loro paesi.

La nuova connettività e il rientro dei cervelli

Se in Italia il problema della fuga di cervelli è sentito in maniera più o meno acuta, nelle nazioni africane la situazione è assai più drammatica. Tuttavia, con il fiorire delle grandi iniziative scientifiche rese possibili dalla nuova connettività, si sta cominciando a costruire un ambiente più attrattivo per i ricercatori e gli esperti africani, che possono ora collaborare con i loro colleghi internazionali restando comodamente a casa, senza perdita di competitività. Con AfricaConnect si segna un passo decisivo verso un mondo in cui tutte le comunità della diaspora africana al di fuori del continente avranno accesso alle comunità indigene del territorio. Questo vale sia per gli aspetti di ricerca e sviluppo a livello avanzato, come le infrastrutture di calcolo rese disponibili come elemento abilitante della Brain Gain Initiative, un’azione dell’UNESCO e HP in collaborazione con 19 università africane e arabe; ma anche nel senso più ampio di interazioni culturali e pratiche, come può essere la citizen science potenzialmente legata a progetti di agro-foresteria come il mosaico di iniziative della Great Green Wall nelle nazioni del Sahel.

L’Africa ospita SKA per studiare lo spazio
SKA (Square Kilometer Array) è il progetto ESFRI nato per realizzare la più grande rete di radiotelescopi mai progettata. Per accogliere questi strumenti serve un territorio vasto (alcune migliaia di km) e incontaminato, ma allo stesso tempo capace di gestire tecnologie d’avanguardia per ricevitori, trasporto ed elaborazione del segnale e calcolo. Il Sud Africa si è aggiudicato il ruolo di ospite per il gruppo maggiore di 2500 radiotelescopi a parabola per media frequenza (mentre in Australia andrà il gruppo di 280 stazioni per antenne a bassa frequenza). Il sito africano si avvale dell’esperienza maturata con l’attuale telescopio MeerKAT, che fungerà da precursore per SKA.
Guarda il video
www.skatelescope.org

La genomica nella culla dell’umanità

Ormai si sa, siamo tutti figli della grande madre Africa. Questo continente ospita il genoma più antico e più vario al mondo (studiato, ad esempio, nel progetto internazionale HapMap). Lo studio del genoma umano e le conseguenti applicazioni in campo biomedico e bioinformatico hanno aperto orizzonti di ricerca fino a pochi anni fa inimmaginabili. Questi studi necessitano di risorse umane e tecnologiche d’avanguardia: dagli specialisti nei centri di ricerca del territorio, alle metodologie di raccolta e conservazione dei campioni genetici, alla gestione ed elaborazione delle enormi moli di dati delle relative biobanche. Queste risorse, tipicamente disponibili nelle aree più agiate del mondo, come l’Europa e gli Stati Uniti, hanno permesso d’identificare fattori di rischio genetici per malattie comuni come il diabete e l’obesità in queste popolazioni. L’Africa, con il suo grande patrimonio genetico, l’enorme territorio che ospita una grandissima varietà di ecosistemi, e in cui sono riconosciuti pattern specifici di penetrazione di malattie nella popolazione, potrebbe darci conoscenze vitali per la salute di tutti. Eppure la grande madre fa fatica a stare al passo con questa rivoluzione scientifica. Ora questa situazione sta cambiando. Nel 2011 nasce l’iniziativa H3Africa (Human Heredity and Health in Africa), creato per permettere ai ricercatori africani di effettuare studi genomici su larga scala su popolazioni africane. L’iniziativa raccoglie gruppi di lavoro sulle malattie trasmissibili (malaria, AIDS) e non (come il diabete o l’obesità) e sta già attraendo specialisti di fama mondiale. I gruppi di lavoro di H3Africa potranno navigare a piene vele su H3ABioNet, la nuova infrastruttura digitale di bioinformatica resa possibile dalla nuova connettività offerta da AfricaConnect. H3ABioNet si occuperà di tutti gli aspetti tecnici e di supporto dell’infrastruttura: la fornitura delle risorse di rete, calcolo e storage; le tecnologie per la gestione, condivisione e analisi dei dati; i portali per le applicazioni scientifiche (Science Gateways); il network umano di training e supporto agli utenti. Il progetto è estremamente ambizioso; se in una prima fase le biobanche sono in parte supportate dall’EBI (European Bioinformatics Institute), i partner africani hanno già stabilito una serie di strategie di gestione locale delle biobanche, incluse metodologie d’avanguardia per la preservazione a temperatura ambiente (Room Temperature Storage technology).

Per maggiori informazioni: www.africaconnect.eu

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CHAIN e le infrastrutture digitali nel mondo

CHAINCon il potenziamento della rete di ricerca arrivano i servizi avanzati di calcolo e storage che permettono l’integrazione dei ricercatori in ogni angolo del mondo nel panorama di innovazione globale. Un importante progetto d’integrazione in questo senso è CHAIN. Coordinato dall’INFN, il partner italiano dell’iniziativa, CHAIN, e il suo successore CHAIN REDS, vede Ubuntunet come uno dei quattro grossi partner internazionali. Il progetto CHAIN è nato nel 2010, insieme a EGI, l’infrastruttura Grid Europea, per sostenere i rapporti di collaborazione e interoperabilità tra quest’ultima e le infrastrutture digitali extra-europee. Con un’ottica veramente globale, e avvalendosi di sinergie con varie esperienza pluriennale di progetti internazionali, CHAIN ha raccolto e studiato le realtà dell’ICT avanzato nelle principali macroaree dell’Africa, America Latina, SudEst Asiatico, Paesi Arabi, Cina e India e prodotto una roadmap sulle infrastrutture digitali intercontinentali.

www.chain-project.eu

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