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Verso Horizon Europe
Verso Horizon Europe

Verso Horizon Europe: fine del 1° tempo

| Marco Falzetti | Internazionale

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Quello che ancora pochi mesi fa sembrava un obiettivo improbabile, frutto di una dichiarazione che suonava più come uno spot elettorale piuttosto che un serio impegno programmatico, è stato raggiunto.

L’approssimarsi della fine dell’attuale legislatura europea non ammetteva tempi supplementari, l’ultimo appuntamento utile per chiudere la partita sul nuovo programma quadro si è giocato lo scorso 17 aprile, nell’ultima sessione plenaria del Parlamento Europeo. Certo, non si tratta di un fine partita ed un conseguente risultato acquisito, ma della fine di un importante ed interessante primo tempo.

Marco Falzetti

Marco Falzetti, di formazione ingegnere aerospaziale e con un passato da funzionario scientifico nel DG research, è direttore dell’APRE da gennaio 2016

Se è vero che ogni partita si chiude solo ed unicamente allo scadere dell’ultimo minuto, cerchiamo di capire perché questo primo risultato è comunque estremamente importante e permette di ritirarsi negli spogliatoi con la consapevolezza di aver fatto una grande partita ed avere messo in ragionevole sicurezza il risultato finale.

Cominciamo dal dire che, ad oggi, una decisione finale sul prossimo programma quadro, Horizon Europe, che possa davvero dirsi tale non esiste, nel senso che se da un lato gli importanti risultati raggiunti ci permettono di affermare che gran parte del programma è già stato concordato tra le tre istituzioni in gioco, dall’altra il fischio finale non è stato ancora dato e alla ripresa delle attività della nuova legislatura europea la partita potrebbe essere di nuovo aperta. Detto questo, nessuno crede realmente che né la nuova Commissione, né il prossimo Parlamento Europeo, né il Consiglio (gli Stati Membri) si prenderanno la responsabilità di rimettere in discussione l’accordo. Se quindi da una parte possiamo ragionevolmente affermare che sui contenuti sin qui condivisi non si tornerà indietro, resta comunque determinante quella fase di partita, ancora non giocata, che dovrà portare alla definizione del budget che sarà realmente e definitivamente assegnato ad Horizon Europe. Certamente la Commissione e – ancora di più - il Parlamento Europeo in scadenza sono favorevoli ad un budget sostanzioso (la Commissione ha proposto di assegnare al prossimo programma una dotazione finanziaria di 94 miliardi di euro; e gli eurodeputati hanno risposto suggerendo di aumentare il bilancio di oltre il 40%, a 135 miliardi). La posizione più attendista del Consiglio – dovuta in gran parte allo stallo sul negoziato per il prossimo bilancio dell’Unione - è stato un chiaro segnale inviato agli altri giocatori, che la questione budget è interamente rimandata alla nuova legislatura europea e dovrà essere negoziata, come è ovvio che sia, all’interno di una discussione che vedrà la ricerca competere con le richieste di budget di altri importanti capitoli di spesa. È evidente che se malauguratamente dovessero esserci significative riduzioni sull’atteso budget della ricerca rispetto alla proposta della Commissione, questo potrebbe portare sia a delle rimodulazioni lineari dei budget assegnati alle singole parti sia, anche, a riconsiderare al ribasso alcune parti del programma quadro, con possibili ripensamenti sull’attuale struttura della proposta. In attesa quindi della ripresa del secondo tempo di gioco nell’autunno di quest’anno, proviamo a dare una lettura di questo primo tempo per capire come è andata la partita.

Si è raggiunto un sostanziale buon accordo su quello che è l’impostazione generale (accordo sul programma quadro) e sui programmi che vanno a dettagliare le linee guida di ricerca e innovazione interne alle singole tematiche (accordo sul programma specifico). Le novità sono molte e la stessa impostazione generale del programma segna significativi cambiamenti rispetto ad H2020 (l’attuale framework).
Se il primo pilastro, quello più dedicato alla ricerca di base, traghetta da H2020 a Horizon Europe sostanzialmente invariato, forte del fatto che squadra che vince non si cambia, molto diversa è la situazione per il secondo e terzo pilastro del nuovo programma.

Il secondo pilastro di Horizon Europe, che non ha niente a che vedere con il secondo pilastro di H2020, recupera e integra aree tematiche già presenti nel secondo e terzo pilastro dell’attuale programma, modificando radicalmente importanti impostazioni, ma soprattutto proponendo nuove ardite aggregazioni tematiche che sono state argomento di importanti discussioni durante la fase di trilogo. Ricordiamo a questo proposito la creazione dei due cluster: “Clima, Energia e Mobilità (Trasporti)” e “Digitale, Industria e Spazio”, che intendono andare nella direzione di un programma che vede nell’abbattimento delle barriere tra settori industriali uno dei suoi aspetti caratterizzanti. Se certamente si possono condividere le buone ragioni che sono alla base di questa posizione della Commissione, resta da capire quanto tutto questo sarà realmente implementabile e quali problemi di convivenza dovranno essere gestiti nel fare coabitare comunità tanto diverse in termini di visioni, culture ed interessi.

Rimanendo in tema di secondo pillar, rivestono particolare importanza missioni e partenariati. Le missioni sono la vera grande novità, pensata per andare nella direzione di un programma di programmi piuttosto che di un programma di progetti. La necessità di coinvolgere il sistema sociale, oltre la solita schiera di addetti ai lavori, ha portato la Commissione ad affidare alle missioni l’importante compito di provare a condividere la sua azione in termini di ricerca ed innovazione lavorando intorno a cinque importanti temi facilmente identificabili e emozionalmente percepibili: adattamento al cambiamento climatico; lotta al cancro; oceani, mari e acque puliti; smart cities; terreni sani e cibo.

La partita della riorganizzazione dei partenariati esistenti assume sempre più l’immagine di un’operazione di maquillage piuttosto che di una reale trasformazione. Operazione comunque necessaria per razionalizzare l’ampio sistema delle collaborazioni pubblico-privato e pubblico- pubblico, ma anche per ridefinire le basi di una più evidente compartecipazione economica da parte della componente privata alle azioni congiunte.

Infine, il terzo pilastro di Horizon Europe segna la definitiva grande novità con l’introduzione del Consiglio Europeo dell’Innovazione (EIC). L’idea alla base è stata quella di provare a ricreare la felice esperienza ottenuta con il Consiglio Europeo della Ricerca, dedicato a gestire e sostenere la parte di ricerca di base del programma, introducendo uno strumento che concentrasse però tutta la sua attenzione sull’aspetto dell’innovazione. Allo stato attuale l’EIC è un nuovo soggetto creato intorno ad alcuni paradigmi fondamentali: la creazione di una sorta di ambiente di supporto che muove con continuità dalla ricerca al mercato (seamless action); l’attenzione alla ricerca ad alto contenuto innovativo (breakthrough innovation); l’integrazione di diversi e complementari strumenti di finanziamento (blending finance).

Nonostante il secondo tempo della partita resti ancora da giocare, il processo di implementazione di Horizon Europe è partito subito dopo il voto del Parlamento europeo del 17 aprile scorso. La Commissione attendeva infatti la fine del primo tempo per far partire la cosiddetta pianificazione strategica («Strategic Planning») di Horizon Europe, il processo che dai testi legislativi porterà – entro la fine del prossimo anno - alla definizione dei programmi di lavoro e dei primi bandi di finanziamento del prossimo programma.

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