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Didattica in rete e platform society: quali implicazioni per la formazione?
| Mario Pireddu | La voce della comunità
di Mario Pireddu, Università della Tuscia
Il 12 aprile del 2022 si è tenuta a Siena una conferenza pubblica di José Van Dijck, docente di media and digital society presso l’università di Utrecht, dal titolo “A European perspective on platformization”.
Molti studiosi hanno sottolineato la necessità di riflettere sulla cosiddetta piattaformizzazione, spesso sul piano del diritto o dei processi culturali
Negli stessi giorni in sede europea veniva discusso il Digital Services Act (DSA): il disegno di legge approvato poi il 23 aprile, dopo circa un anno e mezzo di trattative tra il Parlamento e il Consiglio, prevede una maggiore responsabilità delle imprese Big Tech sui contenuti illegali o nocivi che circolano sulle loro piattaforme, con l’obiettivo di garantire ai cittadini europei maggiore trasparenza e informazioni più corrette.
Sono molti gli studiosi che negli ultimi anni hanno sottolineato la necessità di riflettere sulla cosiddetta piattaformizzazione, spesso sul piano del diritto o su quello dei processi culturali e comunicativi. Meno frequentemente, invece, l’argomento è stato sollevato da chi si occupa di educazione e formazione, e questo nonostante i legami evidenti con il più ampio tema della cittadinanza digitale. Gli aspetti della platformization evidenziati da José Van Dijck, infatti, sono direttamente collegati ai concetti di ecosistema, educazione e responsabilità degli attori coinvolti.
Il riferimento alla dimensione ecosistemica è imprescindibile per inquadrare la complessità dei fenomeni che abbiamo davanti e in cui siamo immersi. “Ambiente” e “sistema”, infatti, sono termini che fanno riferimento a una rete di relazioni tra entità diverse che si trovano a interagire in uno stesso contesto: pensando alla formazione, qui a essere in gioco sono evidentemente gli studenti e i docenti, ma anche tutte le altre figure coinvolte nei processi di apprendimento, così come le famiglie, i territori, le infrastrutture, i dispositivi, i software e le cornici concettuali.
Restando in ambito europeo, il Digital Education Action Plan (DEAP) - piano d’azione dell’Unione Europea volto a sostenere “l’adattamento sostenibile ed efficace dei sistemi di istruzione e formazione degli Stati Membri all’era digitale” - prevede come obiettivo prioritario lo sviluppo di un ecosistema efficiente di istruzione digitale dei paesi membri. In Italia, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza fa esplicito riferimento alla transizione digitale del sistema scuola e alla trasformazione degli stessi spazi scolastici in connected learning environment adattabili e flessibili. Ragionare in termini di ambiente e ecosistema può aiutare a non commettere i tipici errori dovuti a letture pregiudiziali fondate su determinismi tecnologici, che spingono molti a parlare di apprendimento separando in modo netto le persone da tutto ciò che è tecnica - e spesso attribuendo a quest’ultima meriti o responsabilità che da sola non potrebbe avere. A questo proposito, lo studio delle differenze nel funzionamento delle platform society dei paesi democratici e quelle dei paesi autoritari o totalitari può essere esercizio utile per comprendere un po’ più a fondo il fenomeno e decostruire parte del discorso pubblico sull’argomento. Questo ha senso in Europa e ancor più in Italia, paese che sconta un ritardo strutturale sia per quel che riguarda la digital transformation che per il dibattito - anche accademico - sulle conseguenze della piattaformizzazione. In tutto il mondo dopo le esperienze di lockdown sono aumentati i numeri relativi alla diffusione di piattaforme digitali e per i prossimi anni si prevede un aumento consistente dei servizi digitali per i cittadini, come conferma il rapporto “Accelerate Digital for Future-Ready Government” di Gartner. Molte nostre pratiche culturali, d’altronde, sono fortemente condizionate dai processi di automazione delle piattaforme, che si sovrappongono a elementi noti e più tradizionali come retroterra sociale e culturale, classe di appartenenza, esperienze, ecc. Software, algoritmi e piattaforme non rispondono semplicemente ai nostri gusti ma contribuiscono concretamente a modellarli e a influenzarli.
Non è più pensabile, dunque, ragionare di formazione e cittadinanza prescindendo dalla comprensione di fenomeni che caratterizzano e danno forma alle nostre vite: vale per le persone come per le istituzioni, le aziende, i sistemi educativi.
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