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L'unione (in rete) fa la forza
| Diana Cresti, Maddalena Vario | La voce della comunità
Le malattie rare sono un caso emblematico in cui la rete può spezzare le barriere dell’isolamento, non solo per i pazienti ma anche per i medici.
Le malattie rare sono definite tali perché accadono al di sotto di una certa soglia, generalmente indicata come 1 caso ogni 2000 abitanti (0,05% della popolazione). Nonostante queste cifre sembrino indicare un fenomeno di proporzioni minime, le stime parlano di circa 6-7mila tipi di malattie rare e di circa 30 milioni di persone che ne sono affette, solo in Europa.
Ciò che le malattie rare hanno in comune è la difficoltà di diagnosi oltre che scarse risorse nella ricerca medica. Avendo ogni malattia le sue specifiche caratteristiche ed essendo pochi i casi annoverati localmente, il networking diventa essenziale per condividere le informazioni e per raggiungere una massa critica che aiuti a riconoscere la malattia e a cercare di trovare una cura. Il progetto Colibrì, partendo proprio da queste problematiche, punta alla condivisione in rete delle risonanze magnetiche di bambini affetti da malattie rare tra 19 centri rappresentativi nel campo della malattie neurologiche in età pediatrica. Appare chiaro come in questi casi il ruolo della rete e delle tecnologie informatiche diventi strategico. Ne abbiamo parlato con il dott. Fabio Triulzi, responsabile del progetto.
IRCCS E. Medea di Bosisio Parini
Responsabile CeSNE (Centro Studi di Neuroimaging dell'Età Evolutiva) Responsabile Progetto Colibrì
Qual è la sfida principale di Colibrì?
Sicuramente l’aspetto tecnologico presenta un’importante sfida per la comunità medica. Ogni ospedale in sé è una roccaforte, perché ha come obiettivo primario la difesa in maniera efficace della privacy del paziente e del cittadino. Tuttavia in medicina la condivisione dei dati è importantissima sia ai fini della formulazione della diagnosi che ai fini della ricerca, soprattutto nel caso delle malattie rare dove fare massa critica è in sé un elemento predominante per crescere a livello di conoscenza: di conseguenza c’è bisogno di flessibilità per far girare le informazioni tra ospedali e tra colleghi.
Le malattie rare sono tantissime, la difficoltà è che si conoscono solo quelle che diventano famose. Condividere i dati in rete e analizzarli in modo collegiale aumenta la possibilità di formulare una diagnosi accurata. Se si identifica tempestivamente la malattia si possono dare informazioni importanti per i genitori.
È evidente che ci troviamo davanti a due esigenze che vanno in direzioni opposte: per poterle soddisfarle entrambe, la rete e le tecnologie informatiche giocano un ruolo fondamentale proprio perché aiutano nel difficile compito di coniugare privacy e condivisione. Qualcosa sta cambiando, il fatto che gli IRCCS siano collegati ormai dal 2005 alla rete nazionale della ricerca GARR significa molto in termini non solo tecnologici ma anche di mentalità e apertura alla condivisione, proprio perché c’è la consapevolezza di fare parte di un network e c’è la fiducia di essere supportati da una rete all’avanguardia e affidabile, che rende agevole e sicura la condivisione dei dati. In particolare, per il progetto Colibrì, GARR ha creato una Virtual Private Network, ovvero una rete privata virtuale che garantisce un’elevatissima sicurezza dei dati che viaggiano in rete, e ci ha fornito il suo prezioso supporto nella progettazione del database. Inoltre, per conservare questa enorme mole di dati che viaggia in rete, GARR ci ha offerto la possibilità di immagazzinare i dati in uno dei suoi server, con vantaggi evidenti in termini di sicurezza dei dati.
La sicurezza riguarda non solo lo storage dei dati ma anche l’accesso ad essi grazie alla prossima adesione a IDEM, la federazione della comunità GARR per l’Autenticazione e l’Autorizzazione. Al momento stiamo provando e validando il sistema con i tre centri promotori e proprio in questi giorni i tecnici GARR insieme ai tecnici del Medea stanno cominciando a prendere accordi per andare nelle sedi italiane e rendere operativo il sistema. Contiamo di partire a pieno regime sul territorio nazionale a fine dell’estate.
Poniamo il caso che io sia un medico che ha appena effettuato una risonanza magnetica e ho il sospetto di trovarmi davanti ad un paziente con una malattia rara. Come mi comporto?
Per prima cosa sottopongo l’immagine alla valutazione di un comitato grazie ad un software specifico per vedere se ha i prerequisiti fondamentali (io faccio da editor del comitato) e solo dopo che è stata data l’approvazione giro il caso in rete e lo metto in condivisione con i 19 centri. Ovviamente prima di essere inviati i dati vengono criptati con l’eliminazione dei dati identificativi del paziente: quello che viene condiviso è un numero di protocollo e solo il centro di invio mantiene l’identificazione.
Il progetto Colibrì permette la condivisione in rete di risonanze magnetiche di bambini affetti da malattie rare
A questo punto i 19 centri possono dare suggerimenti, approfondire certi esami per aumentare le informazioni, il sospetto viene analizzato in maniera collegiale e tutto questo aumenta la possibilità di formulare una diagnosi accurata. Può accadere anche che il centro abbia già fatto la diagnosi e sia arrivato alla tipizzazione genetica, in questa seconda circostanza il caso viene inviato a livello informativo per aumentare la massa critica di conoscenze su una determinata malattia e creare un database mettendo insieme le immagini dei singoli centri (anche in questo caso l’immagine prima di essere immessa in rete necessita dell’approvazione del comitato).
Fare una diagnosi precoce è importante indipendentemente dall’esistenza o meno di una cura?
Esattamente. Questo è un discorso che in medicina vale sempre, in quanto l’imperativo è cercare di capire qual è il problema, indipendentemente dalla sicurezza che ci sia o meno una terapia. Purtroppo molte malattie rare non hanno una cura specifica, però è importante in termini di consulenza familiare perché la maggior parte delle volte si tratta di malattie che hanno un background genetico e quindi se identifico la malattia e capisco la trasmissione genetica do delle informazioni importanti ai genitori del bambino. Poi ci sono quelle malattie dove basta cambiare qualcosa per ottenere miglioramenti notevoli, ad esempio le malattie metaboliche in cui una giusta dieta fa la differenza. Anche in questi casi, se ho ad esempio un danno cerebrale, prima intervengo, prima posso risolvere il problema del paziente.
Sicurezza e privacy sono fondamentali. Per questo motivo, con GARR abbiamo creato una Virtual Private Network
Come vedete il futuro? Prevedete di espandere il progetto oltre i confini nazionali?
Il progetto ha un finanziamento triennale da parte del Ministero della Salute, è terminato il primo anno e in autunno contiamo di diventare pienamente operativi. Abbiamo davanti un anno e mezzo di operatività, poi si porrà un problema di sostenibilità su cui al momento stiamo ragionando. Il nostro obiettivo è quello di coinvolgere sempre più centri e ampliare la rete, esistono altri centri che possono essere potenzialmente interessati e che hanno le caratteristiche per poterne far parte, la rete dev’essere flessibile, tutti i centri che hanno expertise, conoscenze e massa critica di dati sono candidati ad entrare, poi bisognerà vedere in termini di costi questo cosa vorrà dire. La nostra idea è quella di espanderci oltre i confini nazionali. Vorremmo capire cosa sta succedendo a livello internazionale perché sappiamo che ci sono esperienze più o meno simili alla nostra in ogni parte del mondo anche se con data base non identici al nostro. Il successo starà proprio nella capacità di coinvolgere sempre più centri a livello internazionale. Sappiamo che sull’imaging non c’è moltissimo, in genere ci sono network sulla genetica, mentre per i dati che riguardano le immagini è più difficile, magari si pubblica ma non si mette in rete e spesso non si viene a conoscenza del caso. Vorremmo quindi agganciare il maggior numero di situazioni che altrimenti non verrebbero alla luce.
Le malattie rare sono tantissime, la difficoltà è che conosciamo solo quelle che diventano famose. Ad esempio qui dove io lavoro abbiamo avuto la possibilità di seguire molto da vicino la Sindrome di Rubinstein-Taybi, attraverso un’associazione di famiglie, sicuramente uno dei motori principali della ricerca nel campo delle malattie rare. Questa associazione familiare che raggruppa 40 famiglie di pazienti ci ha consentito di poterla studiare. In Italia sono registrati 40/ 50 casi della sindrome di Rubinstein-Taybi e se si considera che siamo 60 milioni, vuol dire che è registrato 1 caso per milione. Su 7 miliardi che è la popolazione mondiale si stima quindi ce ne possano essere 7mila: ecco, si tratta di un classico esempio di malattia rara.
I numeri sono questi e l’obiettivo di un network come Colibrì è fare in modo che se di una malattia rara si riescono a vedere 40 casi in Italia, avendo a disposizione un network internazionale se ne potranno vedere magari 200 di casi e questo fa davvero la differenza. Anche qui essere collegati alla rete della ricerca italiana GARR, interconnessa a sua volta alla rete internazionale della ricerca GEANT, può costituire un forte valore aggiunto sia in termini tecnologici che di networking.
Sono 19 gli istituti convolti nel progetto. La lista completa è disponibile su: www.colibrinet.it/en/project/partners
Maggiori informazioni:
www.colibrinet.it
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