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Solo per pochi
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| Gabriella Paolini | ipv6

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IPv6 ancora poco diffuso ma GARR ottiene la quinta stella

Ipv6 continua a essere un argomento per pochi: un tema da addetti ai lavori, quasi un oggetto strano, che poco ha a che vedere con la vita di tutti i giorni.

Ma, come afferma Geoff Huston, c’è qualcosa di profondamente sbagliato nell’Internet di oggi. La parte “cattiva” di Internet non è nei contenuti che viaggiano sulla rete, come le cronache e le discussioni da salotto spesso riportano. Si tratta di qualcosa che va a minare il concetto stesso di funzionamento di Internet e ne mette alla prova non solo la scalabilità, ma anche la reale indipendenza. La rete era nata prevedendo l’uso di indirizzi pubblici e l’univocità di ogni nodo che la compone. Ogni punto della rete doveva essere un’entità unica con la possibilità di essere punto di arrivo, ma anche di partenza delle informazioni, permettendo a ciascun utente di essere veramente attore e fornitore di contenuti. Il proliferare del NAT (Network Address Translation) ha invece creato tanti capolinea, dietro ai quali si nascondono altrettanti fantasmi, passivi fruitori della rete, che esistono soltanto in funzione dell’unico indirizzo IP pubblico del loro NAT. L’utilizzo del NAT, che ha permesso a chi aveva pochi indirizzi di poter continuare a vivere in un mondo IPv4 senza problemi, è sicuramente uno dei limiti all’introduzione di IPv6, ma non il solo. Un altro nemico è chi tiene i propri indirizzi IPv4 “nascosti sotto il materasso”. Come si può vedere dal report sulla distribuzione degli indirizzi IPv4 nell’intero mondo di Internet, ad oggi è stato assegnato agli utenti finali l’81% di tutti gli indirizzi IPv4 disponibili, ma solo il 60% di questi indirizzi è realmente raggiungibile in rete. Il restante 20% è stato assegnato, ma non è utilizzato.

Questo vuol dire che IPv4 avrà ancora lunga vita e ciò creerà di fatto due reti parallele, quella IPv4 e quella IPv6. Quest’anno non sono state organizzate iniziative per il 6 giugno, data che da due anni a questa parte aveva rappresentato un momento di visibilità pubblica per IPv6. Dopo il passaggio dei più grossi content provider, come Google e Facebook, che pubblicano ormai da un anno i loro contenuti anche sul mondo parallelo IPv6, poco è stato fatto per dare visibilità a questo cambiamento epocale per la rete. É interessante il grafico di crescita degli utenti IPv6 pubblicato da Google, anche se ci presenta ancora un numero irrisorio rispetto a quello degli utenti complessivi del colosso americano. Gli utenti IPv6 sono attualmente l’1,40%, ma con una crescita costante. Oltre ad un’analisi generale, Google propone una mappa aggiornata sull’adozione di IPv6 Paese per Paese, in cui la penetrazione di questa tecnologia è rappresentata da un colore, che va dal rosso per livelli di adozione bassi o inesistenti al verde per quelli più elevati.

In un’Europa abbastanza “verde”, con la Romania che mostra quasi il 9% di utenza IPv6, l’Italia è rappresentata in rosso e si ferma a un misero 0,02% di utenti IPv6, probabilmente per la maggior parte proveniente dalla rete GARR. Anche RIPE ha ultimamente aggiornato il suo sistema di monitoraggio per l’attivazione di IPv6 fra i Local Internet Registry. Resta il sistema delle stelle, ma adesso quelle da ottenere sono 5. In tutta Europa solo 573 LIR (circa il 9 % di tutti i LIR) si sono aggiudicati la quinta stella. Tra questi, solamente 18 sono italiani, tra cui il GARR. Per guadagnare questo nuovo riconoscimento sono valutati tre diversi ambiti di applicazione dell’IPv6 in contesti reali. Basta che almeno uno dei tre superi il 2% per ottenere la nuova stella. Il primo metodo controlla quanti e quali siti nell’indirizzamento del LIR siano già disponibili anche su IPv6, mentre gli altri due metodi riguardano la fornitura dell’accesso IPv6 agli utenti finali.

Per raccogliere queste informazioni, RIPE collabora con APNIC, che ha predisposto un sistema per misurare la capacità IPv6 degli utenti finali. Per le misurazioni sono utilizzate pubblicità basate su Flash che sono collocate sulla rete pubblicitaria di Google: quando un utente finale si connette a una pagina che contiene un tale annuncio, lo script di misurazione determina se l’utente finale è in grado di collegarsi attraverso IPv6. Da questi valori risulta che negli ultimi 6 mesi il 27% degli utenti della rete GARR è in grado di utilizzare IPv6. Nella lista per AS stilata da APNIC risultano IPv6 al 100% le reti della ricerca cinesi CSTNET e CERNET e la rete dell’Università dell’Indiana.

Per maggiori informazioni:
www.circleid.com/posts/20130421_a_ primer_on_ipv4_ipv6_and_transition
https://www.potaroo.net/bgp/ipv4-stats/allocated- all.html
https://www.google.it/ipv6
www.google.it/ipv6/statistics.html
pv6ripeness.ripe.net/5star/IT.html
labs.apnic.net/ipv6-measurement
labs.apnic.net/ipv6-measurement/ Economies/IT/index.html

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