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Firenze, al Museo Galileo va in scena la scienza
credits: Museo Galileo, Firenze Foto di Marco Berni

Firenze, al Museo Galileo va in scena la scienza

| Maddalena Vario | Caffè scientifico

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Immersione digitale tra le meraviglie scientifiche del passato: benvenuti al museo modello e pluripremiato intitolato a Galileo

foto di Roberto Ferrari

Roberto Ferrari è il Direttore esecutivo del Museo Galileo.

Accanto agli Uffizi, affacciato sull’Arno, nel meraviglioso Palazzo Castellani è possibile conoscere un po’ più da vicino lo scienziato italiano che ha rivoluzionato la scienza. Con una forte vocazione didattica, il Museo Galileo, Istituto e Museo di Storia della Scienza, conserva le collezioni di antichi strumenti scientifici molto importanti a livello mondiale, in particolare gli unici strumenti ideati e costruiti da Galileo (tra cui i due cannocchiali e la lente obiettiva del telescopio col quale lo scienziato toscano scoprì i satelliti di Giove), oltre alle preziosissime raccolte medicee e lorenesi.

Costante è l’impegno per la conservazione dell’eccezionale patrimonio che il Museo Galileo ha in custodia e per la sua valorizzazione attraverso iniziative didattiche e di animazione, crescente produzione editoriale in ambiente digitale, mostre e laboratori interattivi anche per scuole e famiglie. Ne abbiamo parlato con il suo direttore Roberto Ferrari.

Stiamo sperimentando con risultati positivi i servizi cloud GARR. Per noi è essenziale sapere dove sono i server e poterne avere il pieno controllo, per essere in grado di aggregare i dati secondo logiche FAIR

Direttore, cosa è importante nella vita del Museo Galileo?

Credo di poter dire che sia il modo in cui le sue varie componenti si legano: il cuore dell’attività è rappresentato dalla cura e dallo studio della collezione unitamente ai progetti di ricerca (che si avvalgono sempre delle nostre biblioteche, quella di ricerca e quella digitale), cui si legano la ideazione e la realizzazione di mostre, le attività educative, le collaborazioni con altre istituzioni per lo sviluppo di iniziative significative per la storia della scienza.

C’è un presupposto fondamentale perché tutto questo avvenga secondo gli elevati standard qualitativi che ci vengono riconosciuti, ovvero la presenza di competenze adeguate all’interno dell’istituto. La gran parte delle iniziative che il Museo porta avanti non potrebbe neanche essere ideata in queste forme senza la presenza di professionalità adeguate: e non mi riferisco solo agli studiosi, che sono il primo fondamentale motore delle iniziative, ma anche ai colleghi impegnati nella organizzazione di mostre o nella cura delle collezioni, edizioni digitali, a coloro che costruiscono i database per la gestione dei dati, quelli impegnati nella configurazione di interfacce web di immissione e interrogazione di testi, video, immagini, al laboratorio multimediale che realizza le animazioni, i modelli 3d, i video, al gruppo che si occupa delle infrastrutture informatiche e della loro sicurezza ed ovviamente alla sezione didattica, centrale interfaccia con il pubblico, non solo all’interno di Palazzo Castellani.

credits: Museo Galileo, Firenze. Foto di Sabina Bernacchini

credits: Museo Galileo, Firenze. Laboratorio multimediale

Ha parlato di edizioni digitali, può farci degli esempi?

Recentemente Le Figaro si è soffermato sulla nostra edizione digitale del Mappamondo di Fra Mauro, un progetto di ricerca applicata che ha coinvolto il Museo Galileo, in collaborazione con ISEM-CNR e la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, dove è custodito l’originale.

Il mappamondo di Fra Mauro della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia è uno dei più affascinanti prodotti cartografici del Quattrocento. Realizzato nel monastero camaldolese di San Michele in Isola, a Venezia, verso il 1450, rappresenta un ponte tra le conoscenze geografiche medievali e i progetti di esplorazione e commerciali che avrebbero portato pochi decenni più tardi alla scoperta del Nuovo Mondo e alla circumnavigazione dell’Africa. Dipinto e istoriato con colori vivacissimi, il mappamondo di Fra Mauro è inscritto in un cerchio di circa due metri di diametro. La rappresentazione geografica è arricchita da oltre tremila cartigli, moltissimi toponimi e centinaia di immagini di città, templi, strade, navi, oltre a un bellissimo paradiso terrestre miniato da Leonardo Bellini. Fra Mauro delinea l’immagine del mondo appena precedente alle navigazioni dei Portoghesi e degli Spagnoli, integrando la Geografia di Tolomeo (ca. 100 - ca. 175 d.C.) con i racconti di viaggio di Marco Polo (1254-1324) e Niccolò de’ Conti (1395-1469).

Alla bellezza dell’opera si contrappone però un’oggettiva difficoltà di lettura per l’osservatore moderno, del tutto disorientato dalla rappresentazione capovolta del mondo e dalle quasi tremila iscrizioni in volgare veneziano che ricoprono in forma di cartigli l’intera rappresentazione geografica. Per agevolare la comprensione dell’opera il Museo Galileo ha elaborato un sito web che ne consente l’esplorazione multimediale. Il livello tecnologico sul quale è stata realizzata l’edizione digitale del Mappamondo di Fra Mauro utilizza diverse soluzioni informatiche: una per la creazione delle mappe dinamiche, una per la creazione dei video e presentazioni e una per la creazione/gestione della piattaforma web. Per la creazione delle mappe interattive sono state utilizzate delle interfacce di programmazione ereditate da una tecnologia open source (libreria OpenLayers) con il quale sono state create le applicazioni dinamiche geografiche web-based come mappe a più strati (simili a Google Maps e Bing Maps). Per la gestione degli spazi, dei cartigli, e delle informazioni collegate ai luoghi è stata sviluppata ad hoc una web application interna al Museo Galileo che permette la creazione e gestione dei metadati utilizzando lo standard aperto GeoJSON, formato progettato per rappresentare caratteristiche geografiche, insieme ad attributi spaziali e non spaziali. Per la creazione dei video didattici, per le mostre virtuali, per i filmati e per la grafica dell’infrastruttura digitale sono stati utilizzati programmi di photo editing come Photoshop, Illustrator e After Effects. La piattaforma web si appoggia a un content management system (Joomla) scritto in linguaggio PHP, adeguatamente customizzato per l’esplorazione interattiva e mobile-ready. Inoltre, a seguito del rigoroso studio sulla interoperabilità dei dati e delle fonti è stato possibile collegare alcuni luoghi geolocalizzati di particolare interesse, come quelli citati da Marco Polo ne “Il Milione”, direttamente all’applicazione Biblioteca Digitale del Museo Galileo mostrando un’appropriata pagina di riferimento del Milione.

credits: Museo Galileo, Firenze. Foto di Sabina Bernacchini

credits: Museo Galileo, Firenze. Laboratorio multimediale

Si evince che c’è una forte componente tecnologica legata alle attività del Museo Galileo. In che modo GARR e la sua rete vi offrono supporto?

Innanzitutto avere a disposizione una rete veloce, a bassa latenza e affidabile come quella GARR ci permette di offrire ai nostri visitatori virtuali un’esperienza di navigazione di altissimo livello con esplorazioni interattive e multimediali. Siamo tra i musei più conosciuti e visitati on-line, ci piace fornire contenuti d’eccellenza e questo con una rete commerciale non sarebbe possibile. Se è vero che ormai è prassi consolidata per i musei offrire questo tipo di esperienza virtuale, è vero anche che le aspettative sono ormai sempre più elevate e c’è sempre più concorrenza nell’offerta. Questo vuol dire che tanto più l’esperienza di fruizione è agevole e godibile, tanto più aumentano i visitatori on-line. Abbiamo notato poi che, molto spesso, una soddisfacente visita online può essere la motivazione che spinge a voler visitare anche di persona il museo.

Quali prospettive di sviluppo intravede con GARR?

Attualmente stiamo sperimentando, con risultati assai positivi, la piattaforma cloud fornita da GARR e stiamo progettando insieme la migrazione di alcune applicazioni di importanza strategica su tale piattaforma. Questo è solo l’inizio di un percorso che ci porterà, speriamo in un futuro prossimo, all’adozione massiccia di tecnologie cloud e ci piacerebbe fare questo percorso con GARR.

Nell’iniziativa della Digital Library si dovrebbe investire sulla capacità dei musei italiani di realizzare internamentie i propri progetti per ridurre la dipendenza da società commerciali

In particolare, ci serve sempre più spazio per conservare i nostri dati, data la crescente digitalizzazione delle nostre attività, e ci serve poter conservare questi dati nel lungo periodo in maniera sostenibile e sicura. Per noi è essenziale sapere dove sono i server e poterne avere il pieno controllo, per essere in grado di aggregare i dati secondo logiche FAIR e fare quindi in modo che siano rintracciabili, accessibili, interoperabili e riusabili. Non sapere dove sono localizzati e non averne il controllo può portare a varie conseguenze, come non avere la garanzia di accesso ai dati nel lungo periodo (può dipendere ad esempio dal tipo di accordi che si sono stipulati con il fornitore) e quindi perdere la loro rintracciabilità, oppure, ancora, si potrebbe incorrere in diatribe legali quando ad esempio si parla di proprietà intellettuale dei dati per cui si applicano diverse leggi a seconda del paese di riferimento. Credo che la aggregazione dei dati secondo le logiche FAIR sia assolutamente da incentivare, come opportunamente fa la Commissione europea e più recentemente il Governo italiano. C’è tuttavia un punto che a me pare decisivo: ogni aggregazione è guidata da logiche interne che non si esauriscono nella cumulazione di dati ma dovrebbero proseguire nella loro facile fruizione; oggi infatti ci sono moltissimi dati aperti, ma spesso non sono utilizzati. Per questo rimane centrale lo sviluppo di progetti di ricerca su cui vale la pena investire, per il museo, per la comunità scientifica di riferimento e per il vasto pubblico. Per il Museo Galileo, ad esempio, non è tanto la disponibilità di 80 TB di dati di ricerca che deve impressionare, quanto il fatto che questi rappresentano progetti di ricerca di rilievo, dentro cui lo studioso può accedere in modalità innovative alle fonti e l’utente non esperto può trovare informazioni e contenuti contestualizzati e comunicati con linguaggi differenziati, non singoli dati o semplici elenchi.

Ci sono servizi GARR che state utilizzando o che avete in programma di utilizzare?

Il museo è già parte della comunità IDEM GARR allo scopo di condividere dati e applicazioni nella comunità scientifica, tra cui servizi di video conferenza, wifi universitari, sistemi di elearning, risorse di progetti di ricerca, riviste elettroniche ecc. Consapevoli della numerosità e della utilità dei servizi GARR è nostra intenzione utilizzarli al meglio nel prossimo futuro, con principale focus su eduroam.

credits: Museo Galileo, Firenze. Laboratorio multimediale

credits: Museo Galileo, Firenze. Laboratorio multimediale

A marzo 2022 è stata presentata l’edizione digitale del Mappamondo di Fra Mauro realizzata dal Museo Galileo in collaborazione con la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia che conserva l’unico esemplare originale del prezioso documento cartografico, e la Nanyang Technological University di Singapore.
L’edizione digitale, curata da Filippo Camerota e Angelo Cattaneo, è disponibile in tre lingue (italiano, inglese e cinese) ed è fruibile in open access attraverso un sito web dedicato che consente l’esplorazione multimediale dettagliata dell’opera.

credits: Museo Galileo, Firenze. Laboratorio multimediale

credits: Museo Galileo, Firenze. Laboratorio multimediale

Particolare dei 150 luoghi citati da Marco Polo nel Milione.

Che significa per il museo far parte di un’ampia comunità interdisciplinare come quella GARR?

Significa essere parte di un network sia nazionale che internazionale e poter stringere rapporti con istituzioni di ricerca eccellenti, significa partecipare a innovativi progetti di ricerca in collaborazione con prestigiose istituzioni italiane e internazionali, tra cui l’Accademia Nazionale dei Lincei, l’Accademia dei Georgofili, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Parco Archeologico del Colosseo, la Biblioteca Nazionale Marciana, la Fondazione Alinari, il Conservatorio di Musica L. Cherubini, il CNR, l’Agenzia Spaziale Italiana, la Royal Library at Windsor, l’Università della Svizzera Italiana, l’Harvard University e gli istituti della Max-Planck-Gesellschaft.

Tutto questo ci permette di integrare nelle nostre attività diversi know how, discipline, strumenti all’avanguardia che vengono utilizzati per i nostri percorsi espositivi (che riflettono i più moderni criteri nella progettazione museologica), nella nostra offerta di programmi educativi diversificati per le scuole e le famiglie, nei convegni che vengono periodicamente organizzati. Inoltre ci permette di rendere più efficaci le nostre applicazioni software attraverso il confronto con istituzioni e con persone facenti parte della comunità che hanno conoscenze e esperienze diverse delle nostre e da cui possiamo venire a conoscenza di soluzioni e prodotti.

Un ultimo suggerimento o indicazione per il mondo digitale dei musei?

Penso che ogni museo dovrebbe seguire da vicino l’evoluzione del Piano sulla scienza aperta, e comprendere le opportunità degli strumenti disponibili. Rimane comunque centrale la questione dei progetti di conoscenza che ogni museo porterà avanti: dovranno essere quelli a guidare le scelte su catalogazione, digitalizzazione, realizzazione di piattaforme e applicazione di novità tecniche.

Spero che anche la recente iniziativa della Digital Library, ovvero l’Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale cui è affidato il Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale (PND), possa cogliere questo aspetto e consentire un investimento reale sulla capacità dei musei italiani (da soli o in rete) di realizzare internamente i propri progetti, riducendo e non aumentando la dipendenza da società commerciali e tecnologiche: non è questione di generiche ‘competenze’ che possono essere trasferite o formate, (se lo immagina lei un museo italiano medio, con 3-4 persone, di cui nessun informatico, in cui è già tanto trovare uno studioso della disciplina a cui si vorrebbe insegnare a costruire database, realizzare interfacce web, garantire la sicurezza delle infrastrutture informatiche, ecc.. con qualche ora di formazione?) ma si tratta di persone con ruoli e percorsi professionali specifici: se ci sono, i progetti possono nascere e crescere, se non ci sono si rischia di far intraprendere a piccoli musei percorsi tortuosi alla fine dei quelli non ci sarà nessun progetto di valore, ma solo cataloghi ed effetti speciali o iniziative effimere.

Roberto Ferrari è il Direttore esecutivo del Museo Galileo.
Dal 2015 al 2020 è stato a capo della Direzione Cultura e Ricerca della Regione Toscana.
È componente del comitato scientifico del Festival del libro Taobuk, del CdA della Fondazione Scienza e Tecnica di Firenze, della Commissione per il Sistema Museale Nazionale e del CdA delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Roma, su designazione del Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesaggistici

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