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Un ricordo di Giuseppe Pierazzini
| Paolo Caturegli | Osservatorio della rete
Parlare di Giuseppe Pierazzini a così poco dalla sua scomparsa mi è difficile, soprattutto per la mancanza fisica: non ho avuto la forza di togliere la sua scrivania e il suo telefono ogni tanto ancora squilla.
Il mio ricordo si focalizza non sulla figura di ricercatore, di fisico nucleare o di docente, ma su quello che è stato dal punto di vista delle telecomunicazioni a Pisa e non solo - e soprattutto su quello che ha rappresentato per me dal punto di vista umano.
Ho conosciuto Giuseppe Pierazzini nel 1988, insieme a Stefano Suin, un altro giovanotto che lavorava al centro di calcolo del dipartimento di Informatica, ed è stato un feeling immediato. Mi mandarono alla prima riunione di una commissione che si occupava di calcolo e rete per l’intero Ateneo, in cui si parlò quasi esclusivamente di telecomunicazioni e dell’insofferenza verso l’allora gestore monopolista e i costi assurdi delle linee a 64kbit che collegavano i vari edifici allo storico CNUCE, dove l’Ateneo aveva le sue macchine. Pierazzini e Suin chiesero, forse provocatoriamente, il parere del nuovo arrivato e rimasero favorevolmente impressionati dall’idea di creare una rete ottica proprietaria che ci liberasse dai vincoli del monopolio.
Da quel momento non ho più lasciato né Giuseppe né Stefano, con cui ancora lavoro. Giuseppe aveva una logica stringente, non si considerava sopra gli altri, era persona pratica e d’azione, non un burocrate: una figura unica e atipica, l’antitesi dei professori del tempo e di tanti attuali. Senza di lui, mai le nostre idee si sarebbero realizzate. Ci volle coraggio a chiedere fondi per un progetto “al limite” - a livello tecnico, giuridico ma, soprattutto di accettazione, ferocemente contestato da chi diceva che l’Ateneo non era la SIP. Ma si riuscì a far passare un primo progetto per il collegamento dell’Ospedale e dell’area della Facoltà di Ingegneria.
Era il 1993 e Giuseppe aveva già collegato le aree interne delle diverse strutture di Ateneo. Recepita che fu la direttiva sui mercati delle comunicazioni, fu lui a spingerci verso una stretta collaborazione con GARR, lui a pensare una rete unitaria pisana che comprendesse quasi tutti gli enti pubblici (RCUP), al collegamento di scuole pubbliche e ospedali, all’interconnessione con i carrier. Anche questo allargamento della visione costò a Giuseppe molta fatica: alcuni ci accusavano di regalare infrastruttura agli altri enti, della ricerca e non. Poi ci fu la lotta, alla metà degli anni ‘90, sull’ATM: anche in quel caso, la sua preveggenza e la volontà di seguire il pensiero dei suoi due “bimbini”, come ci chiamava, portò all’adozione di MPLS, allora avversata, ma senza la quale non avremmo la rete che abbiamo oggi, una rete da carrier cittadini e regionali. Giuseppe ci ha sempre spinti a sperimentare la novità, con un occhio comunque alla garanzia del servizio: così sono nati la TV di Ateneo, la fonia integrata, le reti dedicate all’amministrazione e al trasferimento delle immagini mediche e tutte le altre possibilità aperte da una rete ottica completamente proprietaria. Umanamente e personalmente il rapporto con Giuseppe è stato straordinario, sul lavoro e fuori. Giuseppe era un visionario e un trascinatore, strenuo difensore delle idee, anche non sue, che lo convincevano.
Stare a sentire gli altri, anche più giovani e meno importanti nella gerarchia, senza mai salire in cattedra era un suo pregio incredibile, come l’entusiasmo che riservava al pozzetto e alla muffola del cablaggio, ai servizi, ai tipi di apparati da scegliere. Come in ogni relazione umana, le discussioni erano all’ordine del giorno e da buoni toscani, e pure sanguigni, facilmente si facevano volare parolone e spesso parolacce, ma in un minuto tutto tornava uguale e si partiva per un’altra avventura. É difficile per me ogni mattina entrare in ufficio e sapere che non c’è più lui che mi dice “oh bimbino ma questa cosa l’hai finita, perché c’è da fare questo nuovo progetto?”.
Ma so che lui ci darà come sempre una mano a mettere in pratica i suoi insegnamenti, caso mai urlandoci dietro.
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