- Home
- Flussi RSS
- progetti PNRR
- Caffè scientifico
- Grafene: l’Europa scommette sul materiale del futuro
Grafene: l’Europa scommette sul materiale del futuro
| Carlo Volpe | Caffè scientifico
Colloquio con il dott. Palermo
Si parla del grafene come di un materiale miracoloso, una vera rivoluzione. Lo è veramente?
Per dare una risposta breve e chiara: sì, il grafene è davvero un materiale eccezionale. Anche se nel campo della scienza si tende spesso a esagerare l’importanza di ogni nuova scoperta, è indubbio che il grafene riunisca in sé una quantità di pregi sorprendente.
Le sue proprietà elettroniche sono uniche nel vero senso del termine, perché in nessun altro materiale è possibile osservare le cariche elettriche muoversi come nel grafene, con mobilità molto, molto maggiore di quella del silicio, con effetti quantistici misurabili persino a temperatura ambiente. La sua enorme area superficiale, unita alle eccellenti proprietà elettroniche, permette di creare sensori di vario genere, capaci di rilevare persino singole molecole. A differenza di metalli o materiali organici, i foglietti monoatomici di grafene sono eccezionalmente robusti, stabili all’aria e alla temperatura e possono essere manipolati facilmente. Un singolo foglio di grafene, anche se spesso un solo atomo, può resistere a differenze di pressione di decine di chilopascal per varie ore.
Vincenzo Palermo
CNR-ISOF Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività
Responsabile Laboratorio di Nanochimica, Coordinatore italiano Graphene Flagship
Tutte queste proprietà rendono il grafene un laboratorio scientifico in miniatura, così facile da produrre che ogni gruppo di ricerca è in grado di studiarlo abbastanza facilmente. Mentre le proprietà ottiche, elettroniche e meccaniche del grafene sono ben note, le possibili applicazioni nel settore della biologia e della spintronica, la disciplina che coniuga elettronica e magnetismo, sono ancora tutte da scoprire. Bisogna però stare attenti a usare il termine “miracoloso”: anche se il grafene rappresenta davvero una rivoluzione scientifica, molte delle sue possibili applicazioni richiederanno intenso lavoro e studio per passare dal livello di singolo prototipo a quello di prodotto industriale. Ad esempio, nonostante quanto riportato in moltissimi articoli, il grafene non sostituirà il silicio come materiale base della microelettronica. Anche se i prototipi di transistor a base di grafene ultraveloci sono già realtà, è insensato pensare che l’industria microelettronica abbandoni la tecnologia del silicio che è al momento ben ottimizzata e poco costosa. In ogni caso il grafene permetterà di sviluppare nuove applicazioni compatibili con la tecnologia del silicio, come ad esempio l’elettronica flessibile o sensori di nuova generazione.
L’Istituto di Sintesi Organica e Fotoreattività del CNR effettua ricerche nel campo della progettazione e sintesi di strutture molecolari e supramolecolari, sviluppando nuove metodologie sintetiche e nuovi materiali con elevate prestazioni. L’ISOF ha sede all’interno dell’Area della Ricerca di Bologna e dispone di un collegamento alla rete GARR della capacità di 1 Gbps.
https://www.isof.cnr.it
Qual è il principale obiettivo del progetto Graphene Flagship?
Il progetto ha un obiettivo molto ambizioso, cruciale per l’economia europea: trasformare una rivoluzione scientifica in una nuova tecnologia industriale, per mantenere alta la competitività degli stati europei. La Commissione Europea finanzia da molti anni progetti di ricerca in ogni settore, anche in quelli di diretto interesse industriale. La maggior parte di questi progetti, però, ha una durata di 2-3 anni, sufficiente a sviluppare un prototipo o una procedura, ma non a sviluppare applicazioni industriali vere e proprie. Così, spesso, il progetto di ricerca produce una serie di articoli e di brevetti che sono poi sfruttati dal miglior offerente, spesso extra-europeo. Con Graphene Flagship, l’Europa ha l’ambizione di creare una massa critica di laboratori pubblici e privati che, lavorando coordinati in una direzione ben definita, creino la cosiddetta valuechain: una catena di collaborazioni che, partendo da idee scientifiche innovative, permetta di sviluppare nuovi materiali, ottimizzarne la produzione e inserirli in prodotti industriali competitivi.
È stato difficile arrivare alla selezione tra i progetti flagship? Qual è stato il ruolo dell’Italia e del CNR?
La selezione dei progetti Future & Emerging Technologies (FET) Flagship è stata molto lunga e impegnativa. Il processo è cominciato nell’estate del 2010, con la preparazione di poche pagine di proposta, ed è proseguito con vari stadi di selezione, con la preparazione di progetti man mano più complessi e dettagliati. All’inizio di quest’avventura eravamo un gruppo di soli nove ricercatori, ideammo il progetto e scrivemmo la prima bozza. Di questi nove, ben due erano gli italiani, io ed Andrea Ferrari, che adesso lavora presso l’Università di Cambridge dove è il direttore del neonato Graphene Center. Nella sua fase iniziale, il progettocoinvolgerà un consorzio di più di 76 partner da 17 nazioni europee. Il CNR ha avuto un ruolo fondamentale nella preparazione e messa a punto del progetto, sia dal punto di vista scientifico che organizzativo. Nel corso della selezione ho potuto contare sull’aiuto del mio collega Vittorio Pellegrini, del CNR di Pisa, e sul supporto dei vertici del CNR, in particolare dei Direttori di Dipartimento Luigi Ambrosio e Massimo Inguscio, e del Presidente del CNR Luigi Nicolais.
Quali sono le linee di attività in cui siete coinvolti?
Gli scienziati italiani e del CNR saranno coinvolti in varie linee di attività. All’interno di Graphene Flagship sono italiani i responsabili di diversi settori chiave: Maurizio Prato dell’Università di Trieste e Alberto Bianco dell’Università di Strasburgo per il settore salute e ambiente, Andrea Ferrari dell’Università di Cambridge per l’optoelettronica, Luigi Occhipinti della STMicroelectronics per elettronica flessibile, Vittorio Pellegrini del CNR per l’energia ed io per il settore compositi.
In che modo le connessioni veloci delle reti della ricerca vi aiutano o vi potranno aiutare?
Il progetto coinvolge al momento più di 100 laboratori diversi sparsi in 17 nazioni: il successo di un’iniziativa di queste dimensioni dipenderà molto da un’efficiente comunicazione di dati e da una stretta e continua collaborazione per via telematica. Non si tratterà solo di una semplice trasmissione di dati scientifici: i ricercatori coinvolti dovranno riunirsi e interagire a vari livelli frequentemente. Ci dovrà essere un database per condividere pubblicazioni, procedure usate e risultati ottenuti e per essere aggiornati sulla ricerca brevettuale. Tutto questo dovrà essere realizzato in maniera assolutamente sicura, visto il coinvolgimento di aziende e il valore industriale di molte di queste informazioni. In breve, un progetto di questo tipo richiede la costruzione di un vero e proprio “laboratorio virtuale”, un’efficace alternativa ai frequenti viaggi e trasferte che già sono necessari per “normali” progetti di ricerca di dimensioni più ridotte della flagship.
L’Europa nonostante abbia dato il via alla ricerca sul grafene ha poi perso terreno nei confronti di altri paesi. L’importante investimento della Commissione Europea può bastare per recuperare competitività?
La ricerca sul grafene è molto intensa fuori dall’Europa, soprattutto in Asia, dove la Corea del Sud ha in corso progetti paragonabili alla flagship, e negli Stati Uniti, dove ci sono eccellenti gruppi di ricerca accademici e industriali nel settore. L’Europa è molto competitiva a livello di scienza del grafene, molto meno per quanto riguarda gli sviluppi industriali. La flagship può aiutare a risolvere questo problema, ma non credo che da sola basti. Il solo processo di selezione delle flagship ha richiesto vari anni e la struttura frammentata della Comunità Europea richiede che ogni iniziativa sia discussa da tutti i 27 stati membri prima di cominciare effettivamente. Credo però che questo sia un problema abbastanza comune non solo nella ricerca, ma anche in altri settori economici e finanziari in Europa. Per competere con i paesi extraeuropei abbiamo bisogno, oltre che di risorse, anche di strutture decisionali veloci e agili, che si possono avere solo con una maggiore integrazione a livello europeo.
Graphene Flagship è uno dei due progetti scelti dalla Commissione Europea come iniziative di punta per l’innovazione e il futuro tecnologico dell’Europa. Il finanziamento è di un miliardo di euro per una durata di 10 anni. Il CNR è stato uno dei 9 proponenti insieme alle Università di Chalmers, Manchester, Lancaster e Cambridge, le aziende Amo GmbH e Nokia, l’Istituto Catalano di Nanotecnologia e l’European Science Foundation. Il progetto coinvolge ora anche altri partner italiani quali Fondazione Bruno Kessler, Istituto Italiano di Tecnologia, Università di Trieste, Politecnico di Torino, Politecnico di Milano e STMicroelectronics.
Nel progetto sono convolti partner industriali, quanto è importante per il mondo della ricerca la collaborazione con queste realtà?
L’interesse industriale sul grafene è molto forte, a testimonianza di quanto promettente sia questo nuovo materiale. Uno dei partner iniziali del progetto flagship è la Nokia, ma moltissime altre aziende hanno poi deciso di partecipare all’iniziativa. A livello italiano, la STMicroelectronics sarà un componente chiave del progetto per le applicazioni elettroniche, mentre l’Airbus collaborerà sullo sviluppo di nuovi materiali per l’aeronautica. Altre aziende di grandi dimensioni hanno già in corso ricerche a livello più o meno applicativo e moltissime piccole e medie imprese sono coinvolte a vario titolo. Credo che queste collaborazioni siano importanti non solo dal punto di vista scientifico, ma anche perché permettono a noi ricercatori accademici di inquadrare meglio il significato e il possibile impatto delle nostre ricerche nella vita di tutti i giorni. Spesso, ricerche scientifiche rivolte a un determinato obiettivo hanno prodotto risultati utili per tutt’altri settori e l’interazione con le realtà industriali facilita nuove invenzioni.
Qual è l’applicazione che potrebbe essere realizzata per prima? Quali i settori più promettenti?
Grazie alle sue straordinarie proprietà il grafene può avere applicazioni in diversi campi: dall’aeronautica ai pannelli solari, dalla biologia all’elettronica. In futuro si potranno realizzare cellulari flessibili e trasparenti e batterie a lunghissima durata.
Non serve fare previsioni, applicazioni di grafene ci sono già. Racchette da tennis a base di grafene sono ormai presenti in tutti i negozi sportivi e sono usate anche a livello professionale, ad esempio da Novak Djokovic e Maria Sharapova, i numeri 1 e 2 al mondo rispettivamente in campo maschile e femminile. Le possibili applicazioni del grafene possono essere distinte tra quelle a breve, medio e lungo termine. Quelle a breve termine riguarderanno probabilmente i settori dei compositi per meccanica, dei trattamenti superficiali anticorrosione e degli inchiostri conduttivi. Altre applicazioni, ad esempio nel settore dell’elettronica digitale, dei display e dei sensori, richiedono ancora la soluzione di problemi legati al costo e alla performance rispetto alle tecnologie esistenti, quindi avranno bisogno di alcuni anni per diventare competitive. Infine, alcune possibili applicazioni, ad esempio nella spintronica o nel sequenziamento del DNA, sono per ora solo belle idee scientifiche, che avranno bisogno di sviluppo e ricerca a lungo termine. In generale, come disse il premio Nobel per la fisica Herbert Kroemer, l’applicazione di ogni nuova tecnologia davvero rivoluzionaria è un’applicazione creata da quella tecnologia. Probabilmente, visti i suoi molteplici pregi, anche per il grafene le applicazioni principali saranno quelle che ancora non riusciamo a immaginare.
Il rapporto tra nanoscienze e ICT è sempre stato molto forte. Quale impatto potrà avere l’impiego del grafene su questo settore?
Il grafene è per l’elettronica un giocattolo bello ma ancora relativamente nuovo; sappiamo bene che possiamo farci cose eccitanti, ma ancora non è chiaro quali di queste saranno quelle più utili. Come detto in precedenza, l’alta mobilità di carica del grafene suggerisce il suo impiego per transistor di nuova generazione in grado di lavorare ad alta frequenza. Però, i transistor al grafene hanno ancora un rapporto on/ off troppo basso, circa 103, insufficiente per l’elettronica digitale. In altre parole, i transistor al grafene sono molto veloci ma non è ancora possibile controllarli o spegnerli. Il grafene inoltre possiede interessanti proprietà fisiche e ottiche per applicazioni innovative in elettronica e telecomunicazioni. Questo materiale può assorbire fotoni in un’ampia gamma di lunghezze d’onda permettendo di creare modulatori ottici con frequenze sino a 1 GHz e, in teoria, sino a 50 GHz. Inoltre, può essere usato per creare sensori che operino a frequenze dei Terahertz, per applicazioni nel campo della sicurezza e delle telecomunicazioni.
Per maggiori informazioni: https://www.graphene-flagship.eu
Il grafene è un materiale che si ottiene dalla grafite ed è costituito da uno strato monoatomico di atomi di carbonio disposti in esagoni regolari con angoli di 120°. È estremamente sottile (circa mezzo miliardesimo di metro), leggero e trasparente ma anche molto denso, resistente (1000 volte più dell’acciaio) ed efficiente come conduttore di calore ed elettricità.
Dai un voto da 1 a 5, ne terremo conto per scrivere i prossimi articoli.
Voto attuale:
Ultimi articoli in rubrica
-
di Elis Bertazzon
-
di Franco Niccolucci
-
di Valeria Panebianco, Martina Pecoraro, Simone Novelli
-
di Erika Trotto
-
di Sara Di Giorgio