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www: cronache di rete dal 1991 ad oggi
| Fabrizio Gagliardi | Ieri, oggi, domani
Nel 1991, quando è nato il web, io ero al CERN, mi occupavo di sistemi di acquisizione dati per gli esperimenti di fisica, molti dei quali con una forte presenza italiana.
Consulente indipendente in materia di Grid e Cloud, ha lavorato al CERN e in Microsoft
Nato a Pisa nel 1950 è laureato in informatica. È stato direttore di ricerca in Microsoft dopo una lunga carriera al CERN, il laboratorio leader mondiale per la fisica delle particelle a Ginevra. Qui è stato direttore del progetto di rete europea di Grid EGEE. Al CERN ha lavorato con quattro diversi premi Nobel. Gagliardi è stato consulente sulle politiche di calcolo e reti per la Commissione Europea, diversi governi e organismi internazionali (OCSE, NSF, DoE, CNRS, EPSRC, CNR, INFN).
Ero nello stesso gruppo di ricerca di Tim Berners-Lee, un postdoc di Oxford con il compito di scrivere pezzi di software per far parlare tra loro diversi calcolatori usati dai fisici, ognuno con il suo sistema operativo (RPC). Tim Berners-Lee e Robert Cailliau ebbero la grande intuizione di capire di che cosa aveva bisogno la comunità della fisica per poter condividere le pubblicazioni a distanza, ma dovettero battersi per far comprendere la portata epocale della loro invenzione. Al punto che il CERN decise che, pur trattandosi di una cosa interessante, non avrebbe mai avuto nessun impatto al di fuori della fisica. La nuova tecnologia non fu dunque brevettata e solo successivamente, negli Stati Uniti, diventò il fenomeno che tutti noi conosciamo. Personalmente, l’invenzione del web non mi ha stupito, dato che spesso le grandi invenzioni vengono da elementi preesistenti e, alla base della sua scoperta, ci sono infatti tecnologie che già esistevano. La prima era la tecnologia per mettere in comunicazione informazioni tramite una rete, ovvero l’hypertext che dava la possibilità di connettere un testo con un’altra parte di testo remota utilizzando hyperlink.
Barners-Lee e Cailliau ebbero la grande intuizione di capire il bisogno della comunità della ricerca per condividere pubblicazioni a distanza
Un’altra tecnologia era quella delle reti, che tutti noi usavamo in maniera molto rudimentale: per mandare un messaggio di posta elettronica si doveva infatti attivare, utilizzando la connessione internazionale, una sessione remota su un’altra macchina (perché la posta elettronica era in locale e funzionava solo tra utenti della stessa macchina), per la quale bisognava avere delle credenziali. Infine, una tecnologia che il CERN già aveva era quella dei linguaggi tagged (SGML) che serviva per la grafica e che era stata creata per rendere indipendente la stampa di immagini dalla tecnologia e dal particolare linguaggio con cui si programmava una stampante.
Con l’invenzione di Tim Berners Lee e Cailliau, i fisici potevano comunicare e condividere informazioni senza dover far interagire i calcolatori tra loro, ma accedendo ai dati senza nemmeno essere identificati, che è quello che succede quando oggi scarichiamo dati, ad esempio da quotidiani online, caricati su server a migliaia di chilometri. Sono passati 25 anni da allora e sicuramente quello che posso dire è che il web ha permesso a Internet di divenire l’infrastruttura su cui l’economia digitale si è sviluppata diventando oggi una parte predominante dell’economia globale. Oggi, come tutte le tecnologie, il web è un’enabler (un mezzo), che permette l’attuazione di quella che oggi potremmo chiamare economia elettronica. Si comprano biglietti di viaggio e titoli azionari solo sul web, dato che nessuno più va in agenzia o in banca. Il web è diventato come l’energia elettrica, è qualcosa che si dà per scontato, le nuove generazioni lo danno per scontato e non viene in mente come si potesse vivere 30 anni fa in cui non c’era WhatsApp e non si poteva accedere alle informazioni con questa facilità. Mi viene in mente un aneddoto che fa pensare a questo gap generazionale: poco tempo fa ero a cena con Vint Cerf, considerato il padre fondatore di Internet e si parlava di tutta una serie di cose e applicazioni che si sarebbero potute realizzare in passato e a quel punto Vint Cerf ha obiettato: “Già, però allora non avevo ancora inventato Internet!”.
Se penso al web in relazione a quella che abbiamo definito economia elettronica, immagino un futuro prospero con dati di utilizzo in continuo aumento. Vedo invece che in molti casi lo spazio aperto del web è stato sostituito da ambienti cloud network come WhatsApp, Facebook, Instagram che negli ultimi 5-6 anni hanno preso il sopravvento. Utilizzano Internet, ma non hanno più bisogno di esporre direttamente l’informazione sul web e di affidarsi ai motori di ricerca. Si condivide infatti l’informazione solo tra utenti registrati e ciò crea un mondo totalmente chiuso. Si accede alla pubblicità che Facebook decide di mostrare, gli si dà accesso ai propri dati personali con delle regolamentazioni di protezione della privacy a geometria variabile e all’interno di quei confini stabiliti tutto funziona, perché è uno spazio completamente impermeabile al mondo esterno.
Viviamo un momento magico per l'informatica: esorto i giovani ad osare, a prendere rischi affrontando però con cautela le questioni legate alla sicurezza e all'etica
Personalmente, i social network li uso con moderazione, perché Facebook rischia di diventare un’interfaccia tra me e il resto del mondo che filtra le informazioni. Venendo da una generazione che dà privilegio ai rapporti interpersonali non voglio vivere in un mondo virtuale delimitato da Facebook o altre applicazioni. Tuttavia, ho rilevato già un divario culturale enorme con le mie figlie e quando chiedo loro di inviarmi un’informazione, tendono a fare una foto del documento e a mandarmelo su WhatsApp. Il computer, soprattutto tra i giovani, non si usa quasi più ed è evidente come questo tipo di utilizzo dell’informatica per comunicare influenzi anche il terminale d’uso. In qualche modo il social network condiziona l’elemento terminale con cui si accede alle informazioni e i numeri del mercato danno ormai lo smartphone come vincente.
Un pensiero per i più giovani? Se ci rifacciamo alla nascita del web, possiamo dire che in un ambiente stimolante come il CERN, circondato da fisici sempre pronti a sperimentare nuove soluzioni, Tim Berners-Lee e Cailliau sono arrivati ad una soluzione innovativa mettendo insieme tecnologie che già esistevano. Ora per gli studenti delle superiori è il momento ideale per iscriversi a informatica perché le possibilità che offre sono numerose ed eccitanti. Non c’è più bisogno di grosse infrastrutture, le risorse di calcolo si possono prendere a noleggio sul cloud e un gruppo di ragazzi che vuole fare una start-up non ha più bisogno di capitali, basta solo avere una buona idea, dato che c’è il web che amplifica tutto. È un momento magico per l’informatica quindi esorto i giovani ad osare, viaggiare, non avere paura di prendere rischi, con un unico monito che è quello di affrontare con cautela tutte le questioni legate alla sicurezza e all’etica. Si sente infatti sempre più parlare di cybercrime, di azioni di pilotaggio in ambito industriale (come nel caso dei software manomessi da importanti case automobilistiche che rischiano di causare seri rischi alla salute ed alle tasche del cittadino) e del problema dell’etica nell’uso militare dell’informatica. In risposta a queste complesse tematiche, emerge sempre più l’importanza di insegnare etica e buone pratiche nelle facoltà di informatica per dare ai giovani quella consapevolezza e quei valori che potranno aiutarli a fronteggiare gli scenari sempre più complessi che presto si troveranno ad affrontare in prima persona.
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